I testi inchiodano il giudice Esposito: ​"Berlusconi è una chiavica. Gli farò il mazzo"

A Quarta Repubblica le tre testimonianze choc che confermano la tesi del "plotone d'esecuzione" contro Berlusconi

I testi inchiodano il giudice Esposito: ​"Berlusconi è una chiavica. Gli farò il mazzo"

Le carte presentate in esclusiva da Il Riformista e gli audio inediti di Quarta Repubblica della scorsa settimana hanno messo in discussione tutto. Dalla giustizia alla Storia degli ultimi sette anni (almeno). La sentenza per la vicenda dei diritti tv che condannò Silvio Berlusconi al carcere nel 2013, infatti, si è scoperta essere una sentenza assolutamente sbagliata e faziosa. Addirittura orchestrata dall'alto. Lo dicono le intercettazioni ambientali e le registrazioni consegnate alla Corte di Strasburgo.

In questa ultima settimana, tutto il centrodestra si è indignato per lo scandalo, mentre dalla sinistra non è arrivato neanche un timido messaggio se non da Matteo Renzi. Tutti in silenzio nonostante sia ormai chiaro che contro il Cav ci sia stato "un plotone di esecuzione". Negli audio fatti ascoltare in diretta da Quarta Repubblica si sente la voce dell'ormai defunto Amedeo Franco, relatore della causa, passata nella sezione feriale della Cassazione presieduta dal magistrato Antonio Esposito, dire cosa è successo in quei giorni.

Amedeo Franco ammette chiaramente che non avrebbe voluto la condanna di Berlusconi, non voleva firmare le motivazioni. Ma c'è stata una pressione da colleghi e dall'alto. Il giudice, parlando con Silvio Berlusconi, definisce ciò che è accaduto come una "grave ingiustizia", di una "vicenda guidata dall'alto", di una sentenza emessa da un "plotone di esecuzione" che non era la sezione destinata a celebrare il processo. Esposito - ricordiamo - presiedeva la sezione feriale, quella chiamata a sbrigare le urgenze estive. "Hanno fatto una porcheria, che senso ha mandarla alla sezione feriale? Una questione così delicata...", si sente nell'audio.

Nelle intercettazioni ambientali consegnate alla Corte di Strasburgo, il magistrato Franco definisce la sentenza di condanna "una porcheria" perché "Berlusconi doveva essere "condannato a priori. Il magistrato, quindi, ribadisce che se avesse saputo di "questo plotone di esecuzione mi sarei dimesso, mi sarei dato malato. Non volevo essere coinvolto in questa cosa". Le parole sono chiare. Ma ora c'è qualcosa in più.

Le tre testimonianze choc

Questa sera, infatti, a Quarta Repubblica sono spuntate altri documenti-video choc. Ma questa volta riguardano direttamente Antonio Esposito, il presidente del collegio di Cassazione che nel 2013 condannò Berlusconi in via definitiva. Si tratta di tre testimonianze raccolte dalla difesa di Berlusconi negli anni scorsi con regolari indagini difensive e consegnate a suo tempo alla Corte di Strasburgo.

Le testimonianze sono di tre persone che lavoravano con diverse mansioni in un hotel di Ischia dove Esposito andò in vacanza più volte, fra il 2007 e il 2010. Quindi, anni prima della Cassazione e della "porcheria". Nei video mostrati in diretta da Nicola Porro - registrati durante l'interrogatorio difensivo del 3 aprile 2014 - si vede come tutti e tre - lo chef, il cameriere, l'addetto al bagno termale - raccontino come Esposito fosse solito definire Berlusconi "una chiavica", una fogna. Epiteto confermato da tutti e tre i testi. E nel video mostrato a Quarta Repubblica si vede (e sente) chiaramente. "Se mi capita, gli devo fare un mazzo così a Berlusconi", riferisce uno dei tre testimoni in merito a quanto detto da Esposito in un'altra occasione. E un altro commenta sempre nell'interrogatorio difensivo: "Poi lo ha fatto davvero".

Per correttezza, spieghiamo anche che l'hotel in questione apparteneva a un onorevole di Forza Italia. E a quanto sembra, Esposito ironizzava (noncurante del contesto) sul partito del Cav con frasi del tipo: "Come si fa a stare con questi qua?". Quindi, sembrava proprio essere convinto delle sue parole...

La testimonianza di Antonio Manzo

Ma i colpi di scena non finiscono qui. A Quarta Repubblica viene anche mostrata la testimonianza di Antonio Manzo, all'epoca dei fatti cronista de Il Mattino. Il giornalista racconta che il giudice Antonio Esposito gli concesse un'intervista esclusiva e proprio durante il botta e risposta gli anticipò quelle che sarebbero state le motivazioni della sentenza di condanna a Silvio Berlusconi. Motivazioni che non erano ancora state scritte al momento dell'intervista. "Non è troppo corretto", dice oggi Manzo.

Capiamo meglio. Esposito, il primo agosto, 30/60 minuti dopo la condanna del Cav chiamò il giornalista Manzo, dicendogli di voler rilasciare un'intervista nei prossimi giorni. Cinque giorni dopo c'è l'intervista. "Ovviamente - continua Manzo - vista la delicatezza della materia e per mia abitudine, registrai la conversazione. Fatta l'intervista gli mando una copia e l'accetta". E cosa dice in questa telefonata? "Mi aveva detto: 'Noi andremo a scrivere nella sentenza che...'". Anticipa, quindi, le motivazioni della sentenza.

Ma il giorno dopo l'uscita dell'intervista, Esposito provò a smentire tutto, "mi chiamò con un tono molto duro", parlò di una chiacchierata con un amico, disse che il contenuto dell'intervista non rispecchiava fedelmente quanto si erano detto, denunciò omissioni e aggiunte. Esposito, quindi, portò il quotidiano e Manzo in tribunale, chiese milioni di euro di danni. Ma fu sconfitto. Perché, tre anni fa, il presidente della quarta sezione civile del Tribunale di Napoli, Pietro Lupi, sbugiardò Esposito, confermando che né il Mattino né il giornalista Manzo avevano diffamato il giudice che ha condannato Berlusconi. Le obiezioni di Esposito erano prive di fondamento: l'intervista non era stata manipolata.

Manzo a Quarta Repubblica rivela anche che aveva già avuto contatti con Esposito prima della condanna di Berlusconi. "Esposito aveva un giudizio prevenuto (nei confronti del Cav, ndr)?", chiede il giornalista del programma. "Qualcosa c'è, qualcosa potrebbe esserci andando a ripescare i giudizi pre-processo". "Giudizi che aveva nelle telefonate con te?", domanda ancora. "Sì", conclude lapidario.

Le parole di Claudio D'Isa, ex giudice di Cassazione

"La sentenza aveva la sua importanza, una rilevanza sul vivere sociale". Così Claudio D'Isa definisce la sentenza di condanna nei confronti di Silvio Berlusconi. Una sentenza fatta in fretta e furia durante la sezione feriale. D'Isa è uno dei cinque giudici che ha firmato la sentenza della condanna definitiva del Cav. "Solitamente c'è la firma di un presidente - dice il giornalista - come mai c'è la firma di tutti e cinque i giudici?" "Noi tutti del Collegio dovevamo andare in ferie. Quindi stabilimmo che per abbreviare i tempi ognuno di noi si sarebbe occupato della stesura di una parte della motivazione", risponde D'Isa.

Fu un plotone d'esecuzione? "No guardi, sa

quella frase che si dice a Napoli quando si scopre l'ovvio? - domanda ironico -. L'acqua è fresca? Vai a chiedere all'acquaiolo se l'acqua è fresca. Certamente l'acqua è fresca".

Non c'è altro da aggiungere.

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