Era il settembre del 2019 e il Parlamento europeo votava una risoluzione che equiparava nazismo e comunismo. Stefano Bonaccini, candidato alla segreteria dem e governatore dell'Emilia Romagna, forse non ricorda quel testo. Si spiegano male, altrimenti, certi distinguo presentati a Il Corriere in relazione al totalitarismo rosso. Quella risoluzione, nonostante il dibattito che ne è scaturito ai tempi, ha rappresentato una pietra miliare sulle radici del Vecchio continente. Per usare il titolo stesso del provvedimento, di un intervento teso a rammentare «l'importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa». Tra i vari punti del documento, quello in cui vengono condannate «tutte le manifestazioni e la diffusione di ideologie totalitarie, come il nazismo e lo stalinismo, all'interno dell'Unione».
E anche - forse il cuore del tutto - la parte in cui il Parlamento europeo «esprime il suo profondo rispetto per ciascuna delle vittime di questi regimi totalitari e invita tutte le istituzioni e gli attori dell'UE a fare tutto il possibile per garantire che gli orribili crimini totalitari contro l'umanità e le gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani - si legge - siano ricordati e portati dinanzi ai tribunali, nonché per assicurare che tali crimini non si ripetano mai più; sottolinea l'importanza di mantenere vivo il ricordo del passato, in quanto non può esserci riconciliazione senza memoria». Chi l'ha dimenticata? Proprio i sedicenti europeisti.
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