Ilda ora medita la sua vendetta ma il processo "Ruby ter" traballa

Per Bruti Liberati è tardi per smarcarsi del tutto, dopo essere stato accanto alla Boccassini in tutti i passaggi cruciali

Ilda ora medita la sua vendetta ma il processo "Ruby ter" traballa

Milano - E adesso? Passata la botta (perché anche i pubblici ministeri sono esseri umani, e le botte le sentono) come reagirà la Procura milanese all'esito catastrofico del processo d'appello a Silvio Berlusconi per il caso Ruby? Davanti ci sono due strade. La prima: prendere atto che l'accusa non ha retto, e che anche questo risultato fa parte in fondo delle regole del gioco; rassegnarsi al cambiamento di clima; non fare autocritica, magari, ma dedicarsi un po' anche alle migliaia di fascicoli inesplorati che giacciono negli armadi dei pm. Seconda strada: riprendere fiato e ripartire all'attacco; considerare la partita con il Cavaliere ancora aperta; e giocare tutte le carte possibili per impedire che la sentenza di ieri tolga ingiustamente d'impiccio l'ex presidente del Consiglio.

La risposta sta, in buona parte, negli equilibri interni alla Procura milanese. Equilibri precari, figli di mediazioni tra storie personali, correnti, caratteri assai diversi, tenuti insieme per anni dal collante dello scontro con Berlusconi, ma venuti alla luce, in una dolorosa vivisezione, con lo scontro di questi mesi davanti al Consiglio superiore della magistratura. Nello scontro, che ha visto frantumarsi in diretta amicizie pluridecennali, un solo asse ha resistito: l'asse tra il procuratore Edmondo Bruti Liberati e Ilda Boccassini. Ma oggi quell'asse vacilla, sotto i colpi dei procedimenti disciplinari cui entrambi sono esposti. E la sentenza di ieri rischia di mettere definitivamente in crisi l'alleanza. Per Bruti è tardi per smarcarsi del tutto, dopo essere stato accanto alla Boccassini in tutti i passaggi cruciali. Ma non è detto che sia pronto ad appoggiare la collega in un contrattacco a testa bassa.

Il problema non è se impugnare in Cassazione la sentenza di ieri: anche se i legali di Berlusconi sperano il contrario, il ricorso alla Suprema Corte è quasi scontato. Ma la scelta sul tavolo è se aprire un nuovo fronte d'inchiesta. Lo strumento, in teoria, è lì, pronto ad essere usato: è la cosiddetta inchiesta Ruby ter, il fascicolo aperto a carico di Berlusconi, dei suoi avvocati dell'epoca Ghedini e Longo e di decine di testimoni del processo di primo grado, accusati di corruzione in atti giudiziari e di falsa testimonianza. In pratica, la maggioranza dei testimoni della difesa sono accusati di avere detto il falso per proteggere Berlusconi: per sudditanza, connivenza o - è il caso di Ruby e delle Olgettine - in cambio di un sacco di soldi. Il fascicolo è stato aperto a gennaio, e tenuto fermo in attesa della sentenza di ieri. Dal punto di vista tecnico, l'assoluzione di Berlusconi non azzera il Ruby ter: perché la maggior parte delle testimonianze incriminate riguardava gli avvenimenti nelle serate di Arcore, di cui venivano date descrizioni alquanto soft. E la sentenza di ieri dice che ad Arcore qualcosa di non proprio casto accadeva, anche se non ci sono elementi di reato. Neanche i giudici della Corte d'appello, insomma, sembrano credere alle ragazze che hanno descritto le feste del Cavaliere come serate un po' pallose a base di chitarre e aneddoti politici.

Basta questo per aprire un nuovo fronte di indagine, incriminando Berlusconi subito dopo la sua assoluzione, ed esponendolo a un'accusa ancora più grave di quella per cui è stato appena prosciolto con formula piena? A Bruti Liberati è probabilmente ben chiaro che un attacco frontale sul Ruby ter rischia di apparire quasi come una rivalsa. Non è detto che Ilda Boccassini la pensi allo stesso modo. Ma c'è un problema, per la dottoressa: il nuovo fascicolo non è sul suo tavolo.

Nonostante avesse chiesto, e quasi preteso, che venisse assegnato al suo dipartimento e ad un pm di sua fiducia, al momento di iscrivere Berlusconi e gli altri indagati Bruti Liberati ha deciso di affidare tutto ad un giovane pm, Luca Gaglio, sotto la guida di un altro procuratore aggiunto, Piero Forno. E, dopo il putiferio avvenuto davanti al Csm, appare piuttosto difficile che la Boccassini riesca ad impossessarsi anche di questa inchiesta.

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