Immagini choc del corpo di Yara E il giudice caccia il pubblico

Il limite all'orrore è una aula di Giustizia deserta.

Scorrono le immagini di ciò che restava di una ragazzina tredicenne, picchiata, accoltellata e uccisa, abbandonata agonizzante in un campo di sterpaglie. Il corpo di Yara Gambirasio, fu ritrovato tre mesi dopo, per caso, a Chignolo d'Isola, pochi chilometri dalla palestra di Brembate da dove era sparita la sera del 26 novembre 2010.

Di fronte allo strazio «congelato» da foto e riprese degli investigatori, ieri la presidente della Corte d'assise di Bergamo, Antonella Bertoja, ha deciso di fare uscire il pubblico dall'aula del processo. Il pulp choc non può essere spettacolo. Massimo Bossetti, l'uomo accusato di aver fatto tanto scempio di quell'adolescente che sognava di volteggiare come una farfalla, scrutava imperturbabile dalla sua gabbia. Lui, che continua a professarsi innocente, che continua a ripetere di non essere l'assassino, non si scuote nemmeno di fronte alla narrazione, cruda, atroce, della consulente della Procura, la professoressa Cristina Cattaneo. «I tagli sul corpo di Yara Gambirasio furono inflitti mentre la ragazza ormai non si muoveva più», spiega ricostruendo quelle, che secondo l'accusa furono le fasi del delitto. «Tagli precisi - spiega il medico legale - fatti mentre Yara era immobile. Inoltre non vi è alcuna ferita da difesa».

Nessuno dei colpi inferti, forse con un cutter, si sarebbe, però, rivelato mortale. Il cadavere presentava «tagli anche profondi - precisa l'anatomopatologa - soprattutto alle gambe, ma anche alla gola, che hanno prodotto sanguinamento e dolore ma non tali da causare il decesso. Yara aveva un trauma cranico, ma non sappiamo se fosse in corso un'emorragia cerebrale». Dunque la ragazza morì per alcune concause: le botte in testa, il sangue che dalla bocca le colava in gola, il gelo della notte. La morte, puntualizza l'esperta subentrò «intorno alla mezzanotte, o comunque nelle prime ore del giorno successivo». E il delitto, secondo Cattaneo, si sarebbe consumato proprio in quel prato di Chignolo.

Una ricostruzione, che i legali del muratore di Mapello proveranno a smontare nella prossima udienza.

Secondo la consulente anatomopatologa della difesa di Massimo Bossetti, Dalila Ranalletta, nelle relazioni dei consulenti della Procura, ci sono «solo dubbi» che, in aula, «sono diventate certezze da premesse incerte».

«Nelle centinaia di pagine scritte dalla professoressa Cattaneo - contesta Ranaletta - non compare mai un termine come “è certo”, ”è molto probabile” o “è sicuro”. Sono sempre e solo delle ipotesi».

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