Ma le imprese Ucimu (in controtendenza) vedono la ripresa: più ordini per il 2025

I costruttori di macchine utensili nel 2024 zavorrati dal Green Deal. Rosa: "Serve una politica industriale altrimenti diremo addio alle auto"

Ma le imprese Ucimu (in controtendenza) vedono la ripresa: più ordini per il 2025
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La crescita del Pil 2024 è inferiore alle previsioni? Vedere alla voce Green Deal. La crisi dell'automotive si vede plasticamente nei dati preconsuntivi presentati ieri da Riccardo Rosa, presidente di Ucimu, l'associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione: il 2024 si chiude in negativo. La produzione si è attestata a 6,75 miliardi, in calo dell'11,4% sul 2023. E se si guarda al solo mercato interno il calo è del 33,5%. Di buono c'è che per il 2025 si prevede una ripresa, con la produzione a quota 6,94 miliardi (+2,9%) di cui un +8% è sulle consegne domestiche. Un segnale di fiducia che, come vedremo, è fondamentale.

Ma perché, in questo momento di incertezza sull'andamento dell'economia, i dati di Ucimu sono importanti? Il motivo è che le macchine utensili sono la base dell'industria manifatturiera. Il trend della loro produzione rappresenta un indice sull'andamento degli investimenti. Che sono poi la componente debole della domanda interna, quella che ha contribuito a posizionare il Pil al +0,5%, inferiore alle previsioni del governo (che per il 2024 puntava all'1%). In particolare, gli investimenti sono cresciuti dello 0,4% contro il +8,7% del 2023 (ancorché drogato dagli ecobonus). Ebbene, i produttori di macchine utensili sono coloro che vendono gli investimenti: l'industria che cresce è quella che investe e compra, per l'appunto, le macchine che servono poi per produrre beni intermedi o di consumo. Di qui la forte correlazione qualitativa con il Pil. Dopodiché, quello che ieri ci hanno detto i numeri del Centro Studi Ucimu sono due cose: la prima è l'impatto devastante che sta avendo lo stop Ue al motore endotermico per il 2035. La seconda è che le imprese italiane sono sane e che il ministro Giorgetti può già contare per il 2025 su un pezzo della crescita persa in questo 2024. Sul primo punto Rosa è stato chiaro: «Qualcuno ha calcolato gli effetti industriali dello stop all'endotermico? Quante parti meccaniche in meno verranno prodotte da quanti aziende e lavoratori? Con quale irrisorio vantaggio in termini di emissioni? Eppure esistono tecnologie poco inquinanti in grado di salvare i motori tradizionali». Da qui la sua conclusione: «Serve una politica industriale a 360 gradi. Che significa anche non far sparire le auto. Difendere la manifattura. Non possiamo pensare di diventare un paese di servizi: questi sono funzionali alla manifattura. Non sostitutivi. Se muore la prima, finiscono alche i servizi».

Il secondo elemento è il segnale di fiducia sul 2025: la ripresa della produzione è conseguenza di quella degli ordini, il cui indice trimestrale, in ottobre, è tornato positivo dopo sei cali consecutivi. Si tratta di un vero e proprio indice sul futuro del Pil: chi ordina oggi programma un investimento per domani perché il tempo di produzione di una macchina utensile è di 6-8 mesi. E il trend è molto legato alla Transizione 5.0, strumento di incentivo agli investimenti introdotto con la manovra 2024 e legato al Pnrr, ma non ancora andato a regime soprattutto per la burocrazia a Bruxelles. Il che è stato vissuto come un freno rispetto agli ordini, rinviati in attesa delle agevolazioni: 6,3 miliardi di crediti d'imposta.

Ebbene garantiscono al Ministero delle Imprese - sarà il 2025 l'anno in cui il complesso strumento comincerà a funzionare. Facendo da volano a nuovi ordini che potrebbero battere anche le stime fatte oggi. «Visti i dati del 2024 - dice Rosa - le previsioni sono state fatte con cautela».

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