Tra le macerie e i muri ancora roventi l'affermazione, anche se obiettiva, suona cruda e dolente. «Erano in trappola e hanno fatto la morte dei topi». Il vigile del fuoco è uno specialista del Nia (Nucleo investigativo antincendio) e sta uscendo da quel che resta dello show room-emporio cinese di mobili e suppellettili «Wang sas» di via Ermenegildo Cantoni, 3 periferia nord ovest di Milano, una strada-snodo incastrata tre mega aree, quella di Musocco, la zona Certosa e Quarto Oggiaro. L'incendio scoppiato giovedì sera intorno alle 23 ha raso al suolo gli interni del magazzino, uccidendo tre giovanissimi che lavoravano lì, tutti appartenenti a famiglie molto note all'interno della comunità cinese di Milano: Dong Yindan, 17enne nato nel Vicentino, ad Arzignano, la sorella di 18 anni Liu Yindjie e il 24enne Pan An, nato in Cina.
Lo stabile ha un unico ingresso pedonale e carraio sulla facciata del magazzino, quella che guarda sulla strada: da lì sono partite le fiamme. Le vittime, quindi, in assenza di un'uscita di sicurezza nel retro, non avrebbero avuto scampo. Sopra, al primo piano, c'è una zona uffici collegata con una scala che è stata distrutta dal rogo. Probabilmente - questa la prima ipotesi delle cinque squadre di vigili del fuoco del comando provinciale di Milano intervenute nella notte - i tre giovani hanno avuto l'unica via di fuga lato strada impedita dal fuoco, così si sono rifugiati come potevano al piano terra dove però sono stati raggiunti dal fumo: al momento del ritrovamento i cadaveri non erano ustionati, è verosimile perciò che le tre vittime siano morte asfissiate, come il pitbull che era in loro compagnia. Uno dei deceduti indossava il pigiama, il che lascia pensare che avrebbe passato lì la notte, mentre su alcuni letti sono state trovate, ancora intatte, le coperte.
Il procuratore capo Marcello Viola - intervenuto sul posto nella mattinata di ieri insieme ai carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale guidati dal colonnello Antonio Coppola e agli uomini della Protezione civile - ha fornito altri dettagli: «C'è stato un tentativo di fuga verso il fondo del magazzino, dove si trovavano i tre letti e dove sono state trovate le vittime».
La Procura non smentisce l'ipotesi di un gesto intimidatorio finito in tragedia: il titolare dell'emporio Wang, che era parente di due vittime, avrebbe infatti subito una richiesta di soldi nelle ore precedenti all'incendio, giovedì pomeriggio. Un vero e proprio tentativo di estorsione che ieri, in un primo tempo, sembrava l'uomo fosse andato subito a denunciare ai carabinieri della vicina stazione «Milano Musocco», di via Chiasserini, accorsi tra i primi sul posto alla notizia dell'incendio. In realtà, com'è emerso nelle ore successive al rogo, non risulterebbe alcuna denuncia formale. Gli investigatori del Nia sono comunque alla ricerca di inneschi e acceleranti per provare l'origine dolosa del rogo.
Quando ieri mattina la tragica notizia della morte dei tre ragazzi ha raggiunto il quartiere di Chinatown, sul quartiere cinese è piombata una cappa di tristezza.
«La famiglia dei due fratelli morti tra le fiamme ha posseduto diversi ristoranti, ma quando i figli sono cresciuti li ha venduti e ha acquistato il magazzino di via Cantoni dove vendevano all'ingrosso tavoli, sedie e materiale per arredare gli ambienti e dove si rifornivano molti negozi» spiega la titolare di un ristorante cinese di via Fioravanti.
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