Una missione complessa, una missione che avrebbe reso l'India la quarta nazione del mondo a portare un veicolo sul suolo lunare, dopo Stati Uniti, ex Unione Sovietica e Cina. Il Paese mirava a essere il primo ad atterrare sul polo sud della luna, un'area che l'Indian Space Research Organisation (Isro) ha dichiarato essere «completamente inesplorata». L'India cercava di andare dove nessuno era mai stato prima. Un obiettivo ambizioso, il progetto spaziale più complesso che l'India abbia intrapreso. Molta delusione, quindi, quando il centro di controllo dell'Isro, l'agenzia spaziale indiana, ha perso il controllo del lander Vikram. Un lander che doveva essere rilasciato dalla sonda Chandrayaan 2, che in sanscrito significa «veicolo lunare», attualmente in orbita attorno alla Luna. L'ambiziosa seconda missione lunare dell'India avrebbe dovuto terminare con l'arrivo del lander Vikram sulla superficie del satellite terrestre. Un duro colpo che ha trasformato l'entusiasmo in angoscia. Al centro di controllo dell'Indian Space Research Organisation a Bangalore, la comunicazione con il veicolo è stata persa pochi istanti prima dell'allunaggio, nella notte tra il 6 e il 7 settembre. Il collegamento si è interrotto prima che il mezzo potesse raggiungere il suolo.
«La discesa del lander Vikram era come previsto e normali prestazioni sono state osservate fino all'altitudine di 2,1 km. Successivamente le comunicazioni dal lander alla stazione di terra sono state perse. Stiamo analizzando i dati», ha dichiarato Kailasavadivoo Sivan, presidente dell'Indian Space Research Organization. Il destino del modulo Vikram non è ancora noto, poche le possibilità che sia rimasto integro. Il premier indiano ha assicurato che ci saranno altre opportunità: «Restiamo fiduciosi e continuiamo a lavorare sodo sul nostro programma spaziale».
Ma non sembra essere tutto perduto: resta l'Orbiter Chandrayaan-2, che continuerà a orbitare per un anno intorno alla Luna. «Il Chandrayaan-2 ha raggiunto il 95% dei suoi obiettivi di missione, nonostante il tentativo fallito del lander di atterrare sulla superficie lunare», scrivono su India Today, facendo notare che la missione è molto più articolata e che non è fallita del tutto. Il Chandrayaan-2, infatti, decollato il 22 luglio dal centro spaziale Satish Dhawan a Sriharikota nel sud dell'Andhra Pradesh, era composto da tre elementi: orbiter, lander e rover. L'orbiter, che ora è ancora operativo, sta continuando tranquillamente la sua missione. Quello che è stato perso è il rover trasportato da Vikram: muovendosi sulla superficie lunare avrebbe raccolto campioni minerali e chimici per analisi scientifiche remote. Il rover automatizzato si chiama Pragyan (che significa «saggezza»).
I successi spaziali indiani erano carichi di speranza e aspettativa, non venivano solo visti come obiettivi spaziali, ma anche come simboli della crescente ambizione del Paese come potenza mondiale. La missione, che nasce da un rinnovato interesse globale per l'esplorazione della luna, è stata seguita con interesse dal pubblico internazionale.
Il primo ministro Narendra Modi, che si era recato nel centro spaziale per assistere all'atterraggio, ha offerto parole di supporto agli scienziati prima di lasciare il centro di monitoraggio. «Importanti quanto il risultato finale sono il viaggio e lo sforzo», ha twittato il primo ministro indiano. E ancora: «Cari scienziati, vi siete avventurati dove nessuno era mai andato prima. L'India è orgogliosa di ognuno di voi» e «questi sono momenti nei quali dobbiamo essere coraggiosi e lo saremo».
Il secondo governo di Modi ha da poco compiuto 100 giorni e la «conquista» della luna era uno dei punti della «grandeur» che ispirano il nuovo nazionalismo di Dehli. Con la revoca dello status dell'autonomia del Kashmir Modi ha incassato consensi, ma è andato a sbattere sulla luna.
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