Italia addio! «Sono stanco di grufolare nel pantano in cui si è ridotta la vita pubblica italiana dove non si può muovere un passo senza imbrattarsi di fango. Eppoi la mia parte credo di averla fatta. Chiedo ai lettori di riconoscermi il diritto al congedo».
Così scriveva nel 1995 l'ultraottantenne Indro Montanelli che si sentiva uno straniero in patria, lui che all'Italia e ai lettori italiani aveva dedicato tutta la sua vita. Mai come in questo momento forse anche perché l'età avanza per tutti mi riconosco nelle parole del grande direttore. Tra manine, manone e manipolazioni varie, tra gialli e verdi che si fanno reciprocamente lo sgambetto davanti agli occhi impotenti del presidente Mattarella, per non parlare di Conte, tra l'Europa che ci guarda sempre più in cagnesco e la Grecia che s'avvicina ogni giorno di più, come non essere d'accordo con «Cilindro»?
Quando passeggio per le vie del centro, mi avvicinano tante persone con cui non parlavo da anni che mi chiedono a bruciapelo dove stiamo andando a finire. Lo sconforto è piuttosto generalizzato anche perché c'è una specie di caccia all'untore che non riguarda solo il governo in carica. Chi dà la colpa alla generazione dei «matusa», che ha favorito la divisione sempre più profonda tra Nord e Sud e ha fatto abbassare il livello qualitativo delle nostre scuole, chi scarica tutte le responsabilità sull'attuale classe dirigente (?) che, all'insegna del «giovane è bello», ha provocato quella rivoluzione generazionale a 360 gradi che si sta rivelando un grande boomerang. Fatto sta che oggi sono sempre meno i veri punti di riferimento e la bussola della nave ammiraglia tricolore sta andando sempre più a zig-zag: viviamo, così, alla giornata, in attesa di tempi migliori.
Secondo qualche «guru», grandi responsabilità per questo clima di scetticismo dilagante, al di là delle colpe della classe politica al governo, sono anche dei mass-media - che possono pure amplificare l'atmosfera plumbea attorno a noi ma che, in realtà, restano più che mai testimoni del tempo - e, soprattutto, dei «social». Parlando proprio di quest'ultimi, l'ex-premier Romano Prodi mi ha fatto, l'altro giorno, un paragone un po' ardito: se, ai suoi tempi, quando lui frequentava le elementari, le parolacce peggiori non si scrivevano sui banchi ma sui muri dei gabinetti della scuola, adesso i «tweet» di tanti «social» assomigliano proprio a quelle parolacce dei cessi scolastici d'allora.
E il Professore ne sa qualcosa perché, dopo aver concesso un'intervista ad un giornale in cui criticava aspramente la manovra attuata dal governo, è stato subito sommerso dagli attacchi e dalle prese in giro via Internet. Mi chiedo, a questo punto, cosa avrebbe scritto oggi sulle fantomatiche manovre attorno alla manovra di governo un tipo come Montanelli che è sempre andato controcorrente. Posso solo immaginarlo.
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