Il 7 gennaio scorso, spegnendo le candeline di un compleanno così simbolico, si era guardato allo specchio con la consueta capacita di sparigliare: «Ho settant'anni e il privilegio di non ricordare quasi niente». Lampi di intelligenza e di ironia, la forza di un pensiero quasi sempre controcorrente: queste da sempre le cifre di Giuliano Ferrara, intellettuale dal carissima inossidabile e polemista imbattibile.
Giovedì sera il cuore ha tradito uno dei maestri del giornalismo italiano, fondatore e a lungo direttore del Foglio: l'infarto, nella sua casa di Scansano, in Maremma, la corsa in ospedale a Grosseto, l'intervento e ora l'attesa. Sono momenti di trepidazione: le condizioni di salute vengono definite «gravi ma stabili». Insomma, il colpo è stato duro, ma si guarda avanti e si spera in una progressiva ripresa del paziente.
Da quando è scoppiata la pandemia, Ferrara trascorre gran parte del suo tempo in Maremma, dove ha anche un'azienda agricola, e proprio a Scansano, intorno alle 23 di giovedì, è iniziata la crisi. Ora il mondo politico gli tributa un augurio corale che è una sorta di standing ovation. Dal letto del San Raffaele, lo saluta Silvio Berlusconi che lo chiamò nel suo primo governo: «Forza Giuliano, grande amico mio». Dall'altra parte dell'emiciclo spendono parole affettuose Enrico Letta («un grande in bocca al lupo») e Giuseppe Conte («siamo al fianco di Giuliano Ferrara. Forza»).
Ferrara è da sempre un campione della parola, l'animatore di mille iniziative, un baluardo senza se e senza ma del garantismo, anche nelle fasi più buie e feroci della storia del Paese, in definitiva un uomo libero e lucido che in tv e sui giornali ha sempre trasferito la sua personalità complessa, ruvida e generosa, e ha sempre saputo condurre per mano, fra dissertazioni, citazioni e analisi sofisticate, i suoi non pochi estimatori.
Figlio d'arte - il padre Maurizio era direttore dell'Unità e la madre Marcella segretaria particolare di Togliatti - ha sempre navigato ai confini fra quarto potere e Palazzo. Dopo la rottura con l'ideologia comunista, si avvicina al Partito socialista: è europarlamentare del Garofano sul finire degli anni Ottanta e ministro per i Rapporti con il Parlamento fra il '94 e il '95, si distingue sempre dal coro. Le sue posizioni non sono mai ortodosse: attacca Mani Pulite e sfida il pensiero dominante su tanti confini sensibili, come quello dell'aborto.
Nel 1996 fonda il Foglio che dirige per quasi vent'anni, fino al 2015, e su cui continua a sciabolare luoghi comuni e stereotipi. Con la silhouette dell'elefantino, vezzo snob, al posto della firma. Alterna per un lungo periodo la carta e lo schermo: è editorialista del Giornale e conduce L'istruttoria, mai tenera con il giustizialismo imperante, Radio Londra, che oggi non c'è più, e Otto e mezzo che è ancora, con Lilli Gruber, uno dei programmi più seguiti della tv italiana. Poi, negli ultimi anni, Ferrara sposta il baricentro della sua vita in Maremma e le sue apparizioni si diradano, anche se non si placa il furore.
«Vivo ascoltando musica su Channel 3 - racconta il 7 gennaio sul Foglio - e dalla Digital Concert Hall dei Berliner, leggo buoni libri, scrivo per il giornale quasi tutti i giorni». E ancora, quasi a esorcizzare il tempo che passa: «Ho la consolazione delle giornate corte, con il buio che raccoglie come un fumo purgatoriale e aiuta nella campagna a distinguere le luci dei paesi collinari».
Toni elegiaci e quasi sommessi per un personaggio sempre sorprendente e insieme viscerale, ammirato e abilissimo nella mischia e nella zuffa. Poi la grande paura, l'intervento di angioplastica e la degenza in terapia intensiva. «Non è grave», rassicura tutti l'attuale direttore del Foglio Claudio Cerasa. Si aspetta il prossimo intervento dell'Elefantino.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.