Gaia Tortora, giornalista, nota conduttrice televisiva e figlia di Enzo Tortora morto il 18 maggio di 34 anni fa, denuncia l'esistenza di un problema d'informazione legato all'imminente referendum sulla giustizia.
C'è una polemica sulla copertura televisiva del referendum. Qualcuno parla persino di «complotto».
«Non si tratta di un complotto ma di cialtroneria o di sciatteria. Il che è anche peggio. Perché si dà per scontato che questo referendum non possa registrare una grossa affluenza. Le persone dovrebbero essere informate in ogni caso. Lo trovo gravissimo. Penso sia vergognoso che non si parli del referendum da nessuna parte».
Si ritiene delusa dall'atteggiamento della politica?
«Non sono delusa. Si era capito subito che in molti non credessero in questo referendum. Io credo molto nello strumento referendario, perché è un'arma di espressione politica. Però l'informazione non informa, dunque non pone i cittadini nelle condizioni di smetterla di lamentarsi. Magari, com'è successo nel caso di mio padre, non servirà a niente. Perché la politica ai tempi se ne fregò, e capisco che ora ci sia una sorta di disillusione. Ma non ci si può permettere il lusso di demandare».
Invece il cosiddetto «fronte giustizialista»?
«Non c'è uno sbilanciamento verso il No, ma perché sin dal primo giorno si insiste sul fatto che questo referendum non serva a niente e che il quorum non sia raggiungibile. Certo, i quesiti sono molto tecnici, è vero. Quindi? Facciamo uno sforzo maggiore - mi verrebbe da dire - spiegando. Non mi è parsa una grande idea, poi, programmare il voto insieme alle amministrative, in un'unica giornata. L'effetto trascinamento è a rischio».
In questa fase, viene dato spazio a molte teorie sulla guerra in Ucraina, alcune anche particolari. Invece sul referendum...
«Questo Paese offre spazi a pseudo giornalisti putiniani russi che vorrebbero gettare missili su Torino ma non a due persone serie - e ci sarebbero eccome - per spiegare le ragioni del Sì e quelle del No del referendum sulla Giustizia. Tutto quello che è buon senso ed è serio ha più difficoltà a passare».
E i massimalisti del giustizialismo?
«Devo dire che non hanno neppure troppo bisogno d'impegnarsi. Mantenere il silenzio è un atteggiamento che diviene semplice. Non siamo all'interno di una dialettica tra una posizione e l'altra, con cui ognuno potrebbe elaborare un'opinione: ignoriamo proprio che esista un tema, che i cittadini abbiano raccolto le firme e che ci sia un referendum».
Lei voterà tutti Sì?
«Sì, anche se il quesito più importante non è stato ammesso».
In molti sostengono che questo referendum avrebbe avuto più possibilità se la Consulta avesse approvato gli altri su cannabis ed eutanasia.
«Non faccio processi alle motivazioni della Corte. Di sicuro, i quesiti che sono stati bocciati avrebbero avuto un grandissimo effetto di trascinamento, perché erano stati quelli più sostenuti dalle giovani generazioni. Questo è innegabile.
Ma non si può buttare tutto a mare perché non si vota per quelle questioni. Io crederò sempre nei referendum: ho una cultura diversa. Il problema resta d'informazione. Di lamentele ne ho sempre sentite tante in merito ai referendum. Però una situazione così imbarazzante non l'avevo mai vista».
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