La grande finanza inizia a scaricare Mosca nel tentativo di isolare l'economia russa e aumentare la pressione sul presidente Vladimir Putin. Ieri si sono registrati i primi significativi segnali di quello che potrebbe diventare quanto prima un trend.
Il colosso petrolifero britannico Bp in una nota ha annunciato l'uscita da Rosneft di cui detiene il 19,73% del capitale e le dimissioni con effetto immediato dell'ad Bernard Looney e dell'ex numero uno Bob Dudley dal cda della società russa. Il gruppo chiuderà i rapporti anche con tre joint venture nel Paese valutate 1,4 miliardi di dollari. Rosneft rappresenta all'incirca la metà delle riserve di petrolio e di gas e un terzo della produzione di Bp, presente in Russia da oltre trent'anni. La scelta, su cui ha influito la crescente pressione del governo londinese, non sarà indolore. Il disinvestimento potrebbe costare al colosso petrolifero fino a 25 miliardi di dollari a seconda di come sarà gestita l'uscita su cui la società non ha fornito dettagli. Ma, come spiegato da un Looney «profondamente scosso e rattristato», «la decisione che abbiamo preso come cda non è solo la cosa giusta da fare, ma è anche nell'interesse di lungo termine di Bp». «L'azione militare di Mosca ha portato il board di Bp a concludere che il nostro rapporto con Rosneft, una società a controllo statale, semplicemente non può proseguire», ha aggiunto Helge Lund, presidente di Bp. «La mossa distrugge 30 anni di cooperazione» ha ribattuto Rosneft. Intanto sul mercato aumenta l'attenzione sugli altri gruppi petroliferi con una solida presenza in Russia da Shell, Chevron, Exxon e TotalEnergies
Sulla stessa scia si è mosso Norges Bank, il fondo sovrano norvegese che gestisce 1.300 miliardi di dollari di asset. Il governo di Oslo ha deciso di uscire dagli investimenti in azioni e obbligazioni russe detenuti da Norges. In tutto si tratta di obbligazioni governative e azioni in 47 società russe, tra cui le posizioni più rilevanti detenute a fine 2020 erano quelle in Sberbank, Gazprom e Lukoil, per un totale di circa 25 miliardi di corone, intorno ai 3 miliardi di dollari. «Abbiamo deciso di congelare gli investimenti del fondo e abbiamo avviato l'uscita» ha dichiarato il primo ministro norvegese Jonas Gahr , pur non entrando nei dettagli della vendita.
La scelta di Oslo è arrivata ieri nonostante venerdì Nicolai Tangen, ad di Norges, avesse spiegato come vendere in questo momento sarebbe equivalso a «consegnare un dono impacchettato agli oligarchi» che non avrebbero fatto altro che comprare titoli a prezzi da saldo.
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