Torna la brigata di intervento rapido Crs-8 per le strade di Francia, l'unità scelta della polizia e specializzata nelle violenze urbane. A due mesi dai disordini che hanno messo a ferro e fuoco l'Esagono dopo la morte di Nahel, l'adolescente franco-algerino di 17 anni ucciso da un agente Nanterre, durante un controllo, la Francia trema per un nuovo caso che rischia di scatenare ancora una volta la rabbia incontrollata delle banlieue parigine. Anche stavolta è la «morte cerebrale» di un adolescente di 16 anni a far temere il peggio. Sefa, 16 anni, è stato gravemente ferito mercoledì sera, quando si trovava alla guida di una moto da cross per le strade di Élancourt, cittadina di 25mila abitanti nel dipartimento di Yvelines, periferia ovest di Parigi. Il ragazzo si è scontrato con un'auto della polizia mentre veniva inseguito da una pattuglia di agenti, che avevano tentato invano di fermarlo, dopo che il giovane, secondo fonti della polizia, impennava incautamente con la sua due ruote. È andato in arresto cardiocircolatorio, è stato rianimato e, nonostante le prime notizie di un suo decesso, ora si trova in stato vegetativo in ospedale.
I dettagli del caso sono ancora da approfondire, compreso il dubbio che il ragazzo indossasse il casco. I due poliziotti alla guida delle auto coinvolte sono prima finiti in stato di fermo, poi revocato. Ma a preoccupare adesso sono soprattutto le conseguenze della tragedia. Molti abitanti del quartiere non credono al semplice incidente e pensano che la polizia abbia «accelerato vedendo il giovane, per fermarlo a tutti i costi», come hanno riferito ai media francesi. L'avvocato della famiglia della vittima, Yassine Bouzrou, ha presentato denuncia contro la polizia per tentato omicidio. E ieri mattina, all'incrocio in cui tutto è avvenuto, sono esplose le prime tensioni con le forze dell'ordine. Da qui la decisione del prefetto di chiedere l'intervento degli agenti della Crs-8, il corpo speciale di polizia, addestrato per intervenire in caso di violenze urbane, istituito due anni fa sotto l'egida del ministero dell'Interno. Si tratta di circa duecento poliziotti, operativi in tutto il Paese, e pronti a intervenire nel raggio di 300 chilometri in meno di quindici minuti.
La Francia è ancora scossa dalle violenze e devastazione esplose nelle banlieue e che hanno investito l'intero Paese dopo un caso molto simile a quello di Sefa, l'uccisione del 17enne Nahel a un posto di blocco il 27 giugno, poco più di due mesi fa. Gli scontri con gendarmi e polizia, i saccheggi, gli attacchi ai simboli della Repubblica come l'assalto al municipio di Bordeaux, l'intensità e la durata della rivolta avevano spinto il presidente Emmanuel Macron a rivolgersi ai genitori dei ragazzi, la cui età media era di 17 anni (ma fra cui c'erano anche ragazzini di 12 e 13 anni), chiedendo alle famiglie di tenerli a casa. In tutto, per la rivolta, 4mila persone sono state arrestate e duemila condannate.
Dopo Nahel, l'elenco delle vittime della polizia si era allungato con Mohamed, 27enne ucciso a Marsiglia, e prima ancora con Oussein, freddato a un posto di blocco ad Angoulême, nord di Bordeaux. Insieme alla rabbia delle periferie e dei giovani francesi di seconda e terza generazione, per le maniere forti delle forze dell'ordine, è emersa anche la frustrazione di poliziotti e gendarmi.
Tanto che il capo della polizia, Frédéric Veaux, aveva rotto il silenzio per dire che «i poliziotti non dovrebbero finire in carcere», in custodia cautelare, prima di un eventuale processo. Macron aveva spiegato che «nessuno può essere al di sopra della legge». Ma il copione si ripete in Francia. E c'è chi trema già all'idea di doversi rintanare in casa per nuovi coprifuochi.
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