Mentre l'ex commissario alla Sanità calabrese Saverio Cotticelli balbettava davanti alle telecamere di Non è l'Arena di Massimo Giletti su La7, al procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri fischiavano le orecchie. Non già per le ripetute attestazioni di stima che Cotticelli riservava al coraggioso magistrato antimafia, ma per le accuse mosse dal generale dei carabinieri a riposo sul complotto ordito per farlo fuori. Cotticelli sa benissimo che in Calabria è la 'ndrangheta il grumo di potere che tira le fila e che si è pappato gran parte del buco multimilionario delle Asp (due sono state sciolte per mafia). E ovviamente lo sa anche Gratteri, in questi giorni impegnatissimo nell'allestire il maxiprocesso alle cosche nato dall'inchiesta «Rinascita Scott». Chissà che un'inchiesta sui clamorosi buchi nella sanità calabrese, non ultimo quello da 100 milioni che sarebbe stato «scaricato» su Cotticelli dal suo successore, il sedicente no mask Giuseppe Zuccatelli quando era («soltanto») commissario dell'Azienda sanitaria Mater Domini di Catanzaro, città di competenza di Gratteri, sia già sulla scrivania del procuratore. Nel fascicolo confluiranno d'ufficio le frasi di ieri, dopo l'intervista zeppa di notiziae criminis.
Il piano anti Covid c'era, lo dicono le carte datate 18 giugno con l'ok del governo il 3 luglio, ma non è mai stato applicato. Se ne occuperà la procura. Il virus ora preoccupa anche troppo: i positivi sono 7.908, 443 in più rispetto a domenica, 272 i ricoveri (+23), 16 le terapie intensive (ancora sotto il 30% del totale). Forza Italia ha già presentato un'interrogazione urgente in cui si ricorda che la sanità calabrese è commissariata da ben 12 anni con risultati disastrosi sia in termini di bilancio che di inadeguatezza dei presidi ospedalieri, mentre alcuni sindaci hanno scritto al capo dello Stato Sergio Mattarella. Il semi lockdown da zona rossa rischia di far saltare definitivamente il sistema economico legale, che già aveva retto con difficoltà nella prima parte dell'anno. Le cosche non vedono l'ora di allettare i negozianti in crisi con i soldi del narcotraffico, di cui le cosche calabresi sono pieni, per inquinare ancor di più l'economia legale con il riciclaggio. Ieri si sono registrati anche altri disordini a Cosenza, il rischio è che dietro ci siano i boss come aveva ipotizzato questa estate un report della Dia.
Ma il centrodestra, maggioranza in Regione, è preoccupato anche dalla debole situazione politica dopo la morte della governatrice Jole Santelli. «Un allungamento del vuoto istituzionale sarebbe devastante per la nostra Regione», hanno scritto i parlamentari calabresi al premier Giuseppe Conte. Il pressing azzurro sul Consiglio dei ministri era per un voto già a gennaio, contrario il Pd (ovviamente) che invece guardava alla finestra di aprile con le Amministrative 2021 di Roma e Milano, e i grillini. Così il Consiglio dei ministri, ieri sera, ha stabilito che in Calabria si tornerà alle urne tra il 10 febbraio e il 15 aprile. Ma torniamo ai Cinque stelle. I maggiorenti calabresi, che in regione non toccano palla e alle recenti amministrative hanno rimediato solo figuracce, non hanno alcuna intenzione di stendere un velo pietoso sulla scelta del manager negazionista, difesa ancora ieri dal ministro della Salute Roberto Speranza («Un video non cancella una carriera»). Mezzo M5s lo considera inadeguato, più per il suo colore politico che per le sue boutade negazioniste. Il viceministro Pier Paolo Sileri frena: «Non guarderei al passo falso del commissario. È stato un errore, ma valutiamolo da ciò che farà. Se fallirà, via a calci nel sedere».
Invece Nicola Morra, presidente di una commissione Antimafia mai così inconcludente, ha un'idea meravigliosa, come il Cesare Ragazzi della pubblicità: «Facciamo lavorare Gino Strada in Calabria». L'ex sindaco di Rende Mimmo Lucano esulta ma è difficile che il fondatore di Emergency accetti.
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