
Sguardi sorridenti, ma un po' forzati. Strette di mano a favore dei fotografi, ma posture ingessate. Sono dettagli che dimostrano il mezzo buco nell'acqua del pranzo di lavoro all'Eliseo organizzato dal presidente francese Emmanuel Macron con il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, e l'inviato speciale di Trump per Medio Oriente e Russia, Steve Witkoff. È stata la prima visita ufficiale del capo della diplomazia Usa in Francia, in un periodo di forti attriti tra Stati Uniti ed Europa per via dei dazi. Proprio Witkoff, reduce dall'incontro della scorsa settimana con Putin a San Pietroburgo, ha ufficializzato l'impossibilità di stabilire una tregua degli eserciti nella domenica di Pasqua. Per l'emissario di Trump qualsiasi accordo di pace non potrà essere separato dalla questione dei «cinque territori», riferendosi alla Crimea e alle quattro regioni dell'Ucraina occupate. Rubio da parte sua ha elogiato gli sforzi dell'Europa e il summit voluto da Macron, ma ribadito il ruolo centrale di Washington nei possibili accordi con Mosca sul futuro di Kiev (si attende una data per il bilaterale Trump-Putin, si parla di Doha) e forse persino sulle terre rare, il cui accordo, dice Trump, verrà firmato giovedì.
Mentre era in corso il vertice di Parigi, Kirill Dmitriev, uno dei principali negoziatori russi, ha affermato che molti Paesi stanno cercando di mandare in corto circuito il dialogo di Mosca con gli Stati Uniti. Dal Cremlino Peskov getta altra benzina sul fuoco, sostenendo che «l'Europa è orientata verso la continuazione del conflitto». Uno dei nodi cruciali riguarda l'invio da parte della Germania dei missili Taurus (ieri i tedeschi hanno spedito a Kiev vettori di difesa aerea, droni e veicoli corazzati). Se ciò dovesse accadere significherebbe «l'ingresso di Berlino nel conflitto» dice la portavoce del ministero degli Esteri Zakharova mentre il solito Medvedev attacca: «Hanno discusso di quante bare europee saranno disposti ad accettare dopo il dispiegamento di truppe in Ucraina».
A Parigi c'erano anche il principale collaboratore di Zelensky, Andriy Yermak, e i ministri degli Esteri e della Difesa Andriy Sybiha e Rustem Umerov, che hanno incontrato nel corso di due round Macron, la delegazione Usa, il consigliere diplomatico francese Emmanuel Bonn, e i consiglieri per la sicurezza nazionale di Gran Bretagna e Germania Jonathan Powell e Jens Plotner. «Abbiamo coordinato le posizioni sull'attuazione di un cessate il fuoco completo, il coinvolgimento di un contingente militare multinazionale per un'architettura di sicurezza efficace», ha raccontato Sybiha. Parole accolte con favore dai «volenterosi» europei, ma con scetticismo dagli Usa che hanno votato contro la risoluzione dell'Assemblea generale dell'Onu che condanna l'aggressione russa contro l'Ucraina. Tuttavia Trump in serata ha aperto sulla missione di pace dell'Ue e cambiato parere su Zelensky: «non è responsabile della guerra, ma non sono un suo fan». Per Macron e il delegato su Kiev degli Usa Kellogg «ci sono state convergenze importanti», ma i progressi impalpabili, tant'è che il summit avrà un seguito la settimana prossima a Londra, con gli stessi protagonisti, Francia, Gran Bretagna, Germania.
Zelensky, dopo aver parlato al telefono due volte con Macron, chiede che vengano fatte «pressioni sugli assassini russi per
porre fine all'invasione». Su Witkoff non usa mezzi termini: «Mediatore? Diffonde la narrazione di Mosca», poi denuncia che la Cina fornisce armi alla Russia, e annuncia che acquisterà dagli Usa «almeno 10 sistemi Patriot».
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