"Io, cresciuta senza papà. Lui in cella da innocente"

Formigoni assolto: "Non fu corrotto". Il presunto corruttore, però, s'è fatto 5 anni. Parla la figlia

«Avevo diciassette anni - racconta Nicole Guarischi - mio padre era stato arrestato pochi giorni prima. Vado per la prima volta a fare il colloquio a San Vittore. Una ragazzina in carcere, da sola, si figuri. Trovo papà distrutto, mi dice: Vogliono che faccia il nome di Roberto, se li accontento in due giorni sono a casa, io non ho nomi da fare perché non ho fatto niente di sbagliato però se tu là fuori da sola non ce la fai, se hai bisogno di me, li accontento. Gli risposi: papà, fa quello che ritieni giusto, io me la cavo. Non me ne sono mai pentita».

Gianluca Guarischi, ex consigliere regionale di Forza Italia, il nome di Roberto non lo fece: e restò dentro nove mesi. Roberto, ovviamente, era Roberto Formigoni, per vent'anni presidente della Regione Lombardia, che Guarischi era accusato di avere comprato con orologi, vacanze, bottiglie di vino. Sono stati processati separatamente: Guarischi è stato condannato a cinque anni per avere corrotto Formigoni, è tornato in carcere per un anno, ora sta finendo di scontare la pena ai servizi sociali, a Modena. Il problema, l'inciampo che rende insensata tutta la faccenda, è che l'altro ieri per la stessa vicenda Formigoni è stato assolto con formula piena, il fatto non sussiste, dal tribunale di Cremona, su richiesta anche della Procura. Guarischi si è fatto la galera per un reato che oggi la giustizia dichiara mai avvenuto.

Per lei, per suo padre, la sentenza di Cremona è una buona notizia.

«Dovrebbe esserlo, sì. Certo sono contenta per Roberto. Ma per me non riesco ad esserlo. Perché papà continuerà a scontare la sua pena, e quando potrà chiedere la revisione del processo avrà ormai finito di espiare una condanna che non avrebbe mai dovuto ricevere. E nessuno mi ridarà l'inferno senza senso che ho attraversato».

Quando scoprì che accusavano suo padre di essere un corruttore?

«Una mattina di marzo, svegliandomi per andare a scuola. La polizia era arrivata di notte, io non li avevo sentiti, trovai loro con mio padre, la casa sottosopra. Papà mi disse: non preoccuparti, tra qualche giorno sono a casa».

Un fulmine a ciel sereno?

«Per me sì, ovviamente. Ma non per tutti. Vede, noi abitiamo nello stesso palazzo di Ilda Boccassini. E ho saputo che il giorno prima uno della scorta aveva detto al portinaio uè, Massimo, domani veniamo a prendere il bello del primo piano. La dottoressa abita ancora lì. Noi siamo stati sfrattati, due giorni fa ho svuotato casa. Da sola perché a papà non hanno dato il permesso di venire a Milano».

Seppe subito di cosa lo accusavano?

«Sì, e capii subito che non aveva senso. Roberto Formigoni è il migliore amico di mio padre, a una delle vacanze che secondo loro erano tangenti c'ero anche io, in Oman: noi tre e Luana, amica da sempre di papà, diventata la compagna di Roberto. Quattro amici in vacanza, altro che corrotto e corruttore».

Qual è stato il momento più duro?

«Potrei dire i primi mesi, quando ho dovuto imparare a gestirmi da sola, perché mia madre è morta quando avevo nove anni, studiare, e intanto andare avanti e indietro in autobus dal carcere di Opera per vedere papà. In carcere ne succedevano di tutti i colori, lui cercava di tenermi all'oscuro per non spaventarmi ma l'eco mi arrivava. Però il peggio è venuto dopo, quando è arrivata la condanna definitiva. Lui era uscito, era andato in Algeria a lavorare per la Cremonini, poteva restare lì perché non c'è estradizione. Invece è tornato. Doveva scontare trentadue giorni prima di uscire in affidamento. Invece hanno fatto la famosa legge spazzacorrotti, ed è rimasto dentro un anno. Lì non c'erano più speranze a tenerlo in piedi, la sentenza era definitiva, dovevamo solo rassegnarci. Ma sapendo di essere innocenti è dura».

La sua vita come è andata avanti?

«Sono riuscita a finire il liceo. Facevo l'artistico di Brera, dietro piazza Vetra, nel centro di Milano, gente in teoria aperta. Non è stata una passeggiata, mi sono sentita addosso tutto il peso del giudizio sociale. Dal giorno dell'arresto per i miei compagni di scuola ero la figlia di un criminale. Io cercavo di spiegare l'assurdità della cosa, di fargli capire perché mio padre era innocente: davanti tutti mi dicevano di sì, ma appena mi giravo capivo che alle mie spalle ne sparavano di tutti i colori. E poi... Vede, con papà in carcere ero praticamente sola al mondo, così dovetti andare in presidenza per spiegare che da quel momento le assenze me le sarei dovute firmare da sola. Qualche giorno dopo devo raccontarlo a un professore e lui allontanandosi scoppia a ridere, ah ah, tuo padre è in galera!. Sono rimasta interdetta».

Cosa pensa della giustizia?

«Una volta ci credevo, adesso non più.

Vedo solo i frutti di giochi politici. E cosa posso pensare di una giustizia che il giorno del mio diciottesimo compleanno non ha permesso a mio padre, un uomo tornato spontaneamente da un altro continente per farsi arrestare, di venire a darmi un bacio?».

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