"Io erede dei Medici". E chiede 84 milioni

La causa di un fiorentino respinta in appello. La beffa: deve 35mila euro di spese legali

"Io erede dei Medici". E chiede 84 milioni
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«Sono l'erede dei Medici. E l'Italia mi deve 84 milioni di euro».

No, non è una scena di Amici Miei, anche se siamo a Firenze. E in verità la vicenda raccontata dal Corriere Fiorentino è talmente arzigogolata che più che uno scherzo salace assomiglia a un'ossessione che si smarrisce in una foresta burocratica che attraversa ineffabilmente tre secoli. Il fiorentino, di cui il quotidiano toscano non fa il nome, si era imbarcato nell'impresa nel 2016: dopo aver studiato il caso con l'ausilio di storici e di un pool di legali, aveva fatto causa alla presidenza del Consiglio dei ministri sostenendo di aver subìto un ingente danno patrimoniale in quanto erede di Anna Maria Luisa de' Medici (nel ritratto). Lei, ultima rappresentante del ramo granducale mediceo, non era riuscita a farsi riconoscere come legittima erede del padre, il Granduca Cosimo III, che molto si era battuto per questo, invano. Così quando il fratello Gian Gastone morì, nel 1737, i Lorena acquisirono il titolo granducale mentre lei ereditò l'immenso patrimonio artistico cittadino frutto del mecenatismo mediceo, che pensò subito di vincolare con il cosiddetto «Patto di famiglia», riconosciuto come uno degli atti che hanno fatto la fortuna del capoluogo toscano. Con quell'accordo venne infatti stabilito che i Lorena non potessero trasportare «o levare fuori della Capitale e dello Stato del Granducato gallerie, quadri, statue, biblioteche, gioie ed altre cose preziose della successione del Serenissimo GranDuca, affinché esse rimanessero per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri». Firenze capitale del turismo è nata praticamente quel giorno di marzo di 288 anni fa.

Solo che due anni dopo Anna Maria Luisa redasse un testamento, che continuò a modificare con successivi codicilli fino alla sua morte sopraggiunta all'età di 75 anni nel 1743. Ed è proprio a questo corpus testamentario ricco di devoluzioni a parenti, enti caritatevoli, istituzioni religiose, poveri, sue dame di compagnia, che si appella l'uomo nella sua causa. Secondo lui, infatti, questo documento sarebbe un vero e proprio trattato internazionale, di forza quindi superiore rispetto alle leggi italiane sull'eredità. E lui sarebbe il legittimo erede di parte di quel patrimonio. E avrebbe diritto a un bel pacco di milioni a causa di lavori mai eseguiti alla Cappella di San Lorenzo e di altre quisquilie.

Non è chiaro su quale base l'uomo si ritenga un legittimo erede della «elettrice palatina». Non è questo il punto secondo i giudici della Corte d'Appello di Firenze chiamati a pronunciarsi sul ricorso che il fiorentino aveva fatto avverso la sentenza di primo grado che nel 2019 aveva trovato infondate le sue richieste e lo aveva condannato al pagamento di 35mila euro per spese legali. I giudici Sambati, D'Amelio ed Ermini pochi giorni fa hanno confermato la sentenza di primo grado, sostenendo che le pretese dell'uomo appaiono fondate «su argomentazioni astratte e prive di adeguato supporto giuridico». Il testamento del 1739 non è un atto internazionale e in base a quello nulla spetta al ricorrente. Una consolazione per lui, la cancellazione di una condanna a 15mila euro di multa per lite temeraria.

Un successo parziale che non sembra accontentare il presunto

de Medici: lui coi suoi legali ha già annunciato un ricorso alla Cassazione. Magari non sarà l'erede della principessa di Toscana, ma testardo lo è certamente. E l'ostinazione nobilita l'uomo ma raramente lo arricchisce.

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