Ipotizzare ora reati elettorali che sono già prescritti. Così le toghe fanno politica

I magistrati sanno benissimo che la legge prevede due anni di tempo. Ma le accuse sono state consegnate al "tribunale" dei media

Ipotizzare ora reati elettorali che sono già prescritti. Così le toghe fanno politica
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Il terremoto giudiziario che si sta svolgendo in Liguria è materia di riflessione e confronti a tutti i livelli e per questo credo di dover sviluppare alcune considerazioni.

Senza invadere il campo delle valutazioni di merito, sia ben chiaro, posto che l'accertamento dei fatti è assoluta prerogativa degli inquirenti all'opera e dei giudici chiamati a pronunciarsi. Questo consente, comunque, di fare alcune riflessioni sul documento giudiziario che gli organi di informazione stanno sviscerando alla ricerca di fatti e racconti che, giorno per giorno, consentano di riempire i palinsesti, sovente affrontando con categorie morali gli argomenti che dovrebbero essere affrontati, prima di tutto, alla luce del diritto.

Credo che oggi, in via del tutto preliminare, possa essere utile soffermarsi su alcuni dettagli che consentiranno di valutare il provvedimento giudiziario da un altro angolo prospettico.

Partiamo dalla forma: l'ordinanza di custodia cautelare con la quale è stato decapitato il vertice politico di una regione non reca l'intestazione dell'ufficio giudiziario che l'ha emessa, né dalla lettura del documento è possibile risalire al fatto che si tratta del Tribunale di Genova. Si tratta di un dato formale, che la giurisprudenza tende a non considerare causa di nullità. Tuttavia, la poca cura di questo dettaglio lascia pensare che possa essere il caso di leggere e verificare ogni passaggio, senza dare nulla per scontato.

Ebbene, dalla lettura dei capi di imputazione emerge la contestazione agli indagati di un reato elettorale e, precisamente, quello previsto dall'art. 86 del DPR 570/1960 (che può essere tradotto nella formula «se mi voti ti assumo un parente»), con l'aggravante del metodo mafioso che ha consentito la sensibile attenuazione delle garanzie e l'utilizzo delle semplificazioni procedurali previste per i delitti di associazione mafiosa, nonostante si trattasse di fatti avvenuti in occasione delle consultazioni elettorali della Regione Liguria del 20 e 21 settembre 2020, avvenuti in una non meglio precisata «data antecedente e prossima al 20 settembre del 2020».

Ebbene, l'art. 86 del DPR n. 570 del 1970 è un reato contenuto in una norma speciale, un testo unico che regola la materia elettorale degli enti locali e che prevede un regime speciale particolarissimo di prescrizione, in quanto l'art. 100 comma 2 del medesimo testo unico stabilisce che: «L'azione penale, per tutti i reati contemplati nel presente testo unico, si prescrive in due anni dalla data del verbale ultimo delle elezioni. Il corso della prescrizione è interrotto da qualsiasi atto processuale, ma l'effetto interruttivo dell'atto non può prolungare la durata dell'azione penale per un tempo che superi, nel complesso, la metà del termine stabilito per la prescrizione».

La norma ha una sua ratio: chi compie reati elettorali non può governare, magari terminando il suo mandato, e l'azione penale deve essere esercitata e conclusa in tempi brevissimi. Con riferimento a questo regime di prescrizione, con la sentenza n. 455 del 1998, la Corte costituzionale ha preso atto dell'esistenza di questo regime speciale, precisando che: «Vi è certo l'esigenza, da tempo segnalata (sentenze nn. 84 del 1997, 121 del 1980 e 45 del 1967), di una compiuta razionalizzazione del sistema dei reati elettorali, eventualmente intervenendo anche sulla durata della prescrizione. Ma a ciò può provvedere solo il legislatore».

Pertanto, l'analisi del dato normativo ci consente di poter affermare che l'ordinanza di custodia cautelare si è basata su di una narrazione non coerente con le norme in vigore, perché tesa all'applicazione di una misura cautelare e al successivo esercizio dell'azione penale su fatti che soggiacciono ad un regime speciale di prescrizione.

Ed invero, come ribadito dalla Corte costituzionale, il sistema dei reati elettorali e della relativa procedura per l'accertamento dei reati è di esclusiva competenza del legislatore e, quindi, della politica: in proposito non possono esserci dubbi. La scelta di effettuare queste contestazioni elettorali in un periodo di accesa campagna elettorale, a distanza di anni dai fatti, ha il sapore di una discesa in campo.

Se la magistratura affronta reati già prescritti, quando non potranno più esservi sentenze diverse da quelle dichiarative della prescrizione dei fatti, sta apparentemente operando in un contesto giudiziario, ma in concreto muovendosi sullo scacchiere della politica.

Così facendo i fatti, anche personali di alcuna rilevanza giudiziaria, sono stati consegnati al tribunale dei media: immediato, a differenza dei tempi della giustizia, proprio perché segue i tempi del dibattito politico.

La speranza, ora, è che non vi

siano danni alla credibilità internazionale del Paese: tener fede alle regole stabilite è la base dello Stato di diritto, le cui violazioni sono percepite in modo più nitido da chi vive al di fuori del Paese interessato.

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