Un incidente? Oppure, dopo la ritorsione all'Iran per i 300 missili, Israele potrebbe avere messo a segno un'altra azione mirata, non rivendicata, contro la galassia filo-iraniana in Irak? Ci sono ancora pochi punti fermi dopo l'enorme esplosione, seguita da un incendio, avvenuta sabato intorno alla mezzanotte nella base militare irachena di Kalsu, 50 chilometri a sud di Baghdad, dove sono di stanza le Forze di Mobilitazione Popolare (Pmf), una coalizione di milizie sostenute dall'Iran. Muore un miliziano, 8 feriti. Secondo le Pmf, le milizie filo-iraniane in Irak, si sarebbe trattato di un attacco aereo, successivo a quello israeliano sull'Iran. Gli Stati Uniti, che continuano a premere per una de-escalation nella regione e annunciato che non si uniranno ad azioni offensive, hanno negato qualsiasi coinvolgimento e fatto sapere di non aver effettuato raid in Irak, nonostante le Pmf, da quando è iniziata la guerra a Gaza, abbiano firmato diversi attacchi contro forze americane in Irak e Siria. Un rapporto del Comando di difesa aerea iracheno e l'esame dei tracciati radar dicono che «non c'erano droni o aerei da combattimento nello spazio aereo prima o durante l'esplosione». Fonti israeliane hanno fatto sapere alla Cnn di non essere coinvolte. L'ipotesi potrebbe anche essere quella di un incidente. Eppure proprio ieri, il New York Times ha rivelato che uno dei missili lanciati dallo Stato ebraico contro le difese aeree del sito nucleare di Natanz, in Iran, come risposta ai missili di Teheran, aveva una tecnologia avanzata tale da poter eludere i sistemi radar iraniani. Non solo. Il caccia dal quale è stato lanciato il missile era «lontano sia dallo spazio aereo israeliano che da quello iraniano» e non è neanche entrato nello spazio aereo giordano, per tenere Amman lontana da una possibile rappresaglia. Non a caso fonti di Teheran hanno confermato di non aver rilevato intrusioni di droni, missili o aerei nel proprio spazio. Israele ha dunque fato prova di poter combattere una sofisticatissima guerra dei cieli, che include il lancio di piccoli droni dall'interno del territorio «nemico», come nella ritorsione all'Iran.
Scampato il rischio, almeno per ora, di un'azione militare su larga scala di Israele contro l'Iran, lo Stato ebraico è tornato a concentrarsi sulle milizie filo-iraniane Hezbollah in Libano, colpite con tre raid in 24 ore, e sulla guerra a Gaza. Ieri i bombardamenti sono proseguiti su tutta la Striscia. Centrati decine di obiettivi di Hamas nel nord, nel centro e nel sud, in quella Rafah che ancora Israele punta a invadere nonostante la contrarietà degli Stati Uniti, e dove un raid ha ucciso 10 palestinesi, di cui 6 fra donne e bambini, portando a oltre 34mila le vittime fra civili e combattenti. È la prova che l'Esercito israeliano ha intensificato i bombardamenti sulla città al confine con l'Egitto, che reputa l'ultima roccaforte di Hamas.
Clima surriscaldato in Cisgiordania, dove 30 palestinesi sono stati arrestati negli ultimi due giorni e un autista di ambulanza ucciso negli scontri a Nablus tra
palestinesi e coloni. Negozi chiusi e sciopero a Tulkarem, dopo l'uccisione di 10 militanti palestinesi, fra cui un giovane di 15 anni e tre membri della Jihad islamica nel raid nei pressi del campo rifugiati di Nur Shams.
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