
Nessun acconto Irpef per il 2025 per lavoratori dipendenti e pensionati privi di redditi aggiuntivi. È questa la novità introdotta dal decreto approvato ieri dal Consiglio dei ministri, che mette mano alle regole per la determinazione degli acconti Irpef in modo da evitare un aggravio fiscale inatteso per milioni di contribuenti. Il provvedimento, come conferma il viceministro dell'Economia Maurizio Leo (in foto), mira a chiarire un punto critico emerso nelle scorse settimane. «La nuova disposizione conferma che i lavoratori dipendenti e i pensionati senza redditi aggiuntivi non dovranno versare alcun acconto Irpef per il 2025, evitando così qualsiasi aumento del carico fiscale», ha sottolineato.
L'intervento, ha proseguito Leo, «si è reso necessario per correggere un difetto di coordinamento tra il decreto legislativo del 2023, attuativo della delega fiscale, e la legge di Bilancio 2025». «L'obiettivo è sempre tutelare i contribuenti e garantire una corretta applicazione della riforma fiscale», ha aggiunto rimarcando che «abbiamo approvato il nuovo provvedimento in tempo utile per assicurare che non vi siano errori nei prossimi versamenti o nella compilazione delle dichiarazioni dei redditi» ed esprimendo «soddisfazione per la prontezza con la quale il governo ha risolto la questione». Il costo del correttivo per il 2025 sarà pari a 245,5 milioni di euro, come indicato nel testo del decreto. A copertura dell'onere si provvederà mediante «corrispondente riduzione» del fondo Mef per la sistemazione contabile delle partite iscritte al conto sospeso. Per il 2026, invece, le risorse arriveranno direttamente dalla norma stessa.
La correzione era attesa da giorni, dopo che sindacati e opposizione avevano sollevato il problema: con il vecchio metodo di calcolo, molti contribuenti avrebbero infatti dovuto anticipare più imposte, salvo poi recuperarle l'anno successivo. Una distorsione che la Cgil aveva bollato come «ingiusta» e «punitiva».
«Attendiamo la pubblicazione del provvedimento approvato oggi in Consiglio dei ministri, ma se, come annunciato, risolverà la questione degli acconti Irpef e delle detrazioni, consentendo che siano calcolati sulla base della normativa attuale e non di quella abrogata, che avrebbe costretto lavoratori e pensionati a pagare somme non dovute, saremmo di fronte a una buona notizia per chi vive di salario o di pensione», affermano Christian Ferrari, segretario confederale della Cgil, e Monica Iviglia, presidentessa del Consorzio nazionale Caaf Cgil. Incassata la prima vittoria, il sindacato guidato da Maurizio Landini punta già al prossimo obiettivo.
«Bisogna rimediare alla clamorosa ingiustizia che stanno subendo i redditi tra 8.500 e 9.000 euro annui che, a causa del meccanismo scelto per fiscalizzare il cuneo contributivo, stanno perdendo, a partire da gennaio, circa 100 euro al mese», reclamano Ferrari e Iviglia.
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