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Israele deve difendersi dalle accuse di genocidio

Se la Cpi dovesse dare ragione al Sud Africa, sarebbe una sconfitta del diritto all'autodifesa

Israele deve difendersi dalle accuse di genocidio
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È un bel palazzo gotico quello che all'Aja ospiterà da oggi per due giorni l'accusa di «genocidio» che il Sud Africa ha sollevato presso la Corte penale internazionale contro Israele. L'intento del Sud Africa è fermare l'azione militare di Israele, sostenendo che la guerra è combattuta con intenzioni genocide. Ci vorranno alcune settimane perché la Cpi dia un parere, e poi un seguito di mesi nel merito delle singole accuse e la competenza della Corte.

L'evento di oggi è ironico, interessante e molto allarmante e triste dal punto di vista della cultura mondiale. Ironico: perché il termine genocidio è stato coniato nel 1944 da un avvocato ebreo Raphael Lemkin per definire le atrocità e le intenzioni naziste. Nel 1948 la corte fu creata su questa ispirazione, e ecco che la «nazificazione di Israele», una base dell'antisemitismo contemporaneo come dice il grande storico Robert Wistrich, appare in tutta la sua forza mentre Israele si batte per la vita. Interessante: perché sulle sedie degli imputati invece di Israele dovrebbe palesemente esserci chi ha espresso e messo in atto ultimamente intenzioni genocide: ovvero Hamas che nella sua Carta chiama a uccidere tutti gli ebrei, e lo fa, indistintamente nella pratica terrorista. Allarmante: perché denuncia una grande confusione cognitiva che sotto l'egida degli «oppressi contro gli oppressori» ignora la storia, solo tre mesi fa abbiamo avuto nel Paese accusato una strage inenarrabile di bambini e famiglie al grido «Yehud Yehud» (ebreo ebreo) con intenti genocidi.

Israele sta ancora raccogliendo i resti della strage mentre combatte due guerre di sopravvivenza: una per sconfiggere a Gaza l'esercito terrorista del 7 ottobre, l'altra per strappargli i poveri 136 ostaggi, anche loro solo «ebrei». Tutto questo è quasi inesistente nella memoria di più di 80 pagine presentata alla Cpi, vagliata da 15 giudici all'Aja. Il tribunale è incaricato dall'Onu, i giudici fra cui Aharon Barak sono di alto livello, fra di loro siedono gli americani, i francesi, ma ci sono anche Russia, Cina, Somalia, Uganda, Libano, Paesi in cui si può supporre il legame fra potere giudiziario e politico. L'accusa di genocidio a Israele è un'aggressione politica, negli anni, Israele ha sempre cercato un compromesso coi palestinesi, (i processi e gli accordi di Madrid, Camp David, Oslo), le guerre sono state di difesa, lo sgombero di Gaza come altre, dimostra la speranza nella convivenza che è sempre stata nel sionismo. I numeri dei morti civili a Gaza purtroppo sono alti, ma innanzitutto sono forniti dal governo di Gaza, lo stesso che ha organizzato le atrocità del 7 ottobre, difficile fidarsi. Dei circa 15mila membri dell'esercito di Hamas sembra che circa 8mila siano stati uccisi in battaglia e che sia alto, come si è visto dall'episodio dell'ospedale colpito dal missile palestinese, il rischio di lanci sbagliati. Soprattutto il terreno è una fortezza in cui le strutture civili sono casematte e la popolazione è usata come scudo di difesa.

Israele ha cercato con volantini di indurre i cittadini a sgomberare e ha fornito gli aiuti umanitari richiesti. Il Sud Africa porta affermazioni di alcuni politici che annunciavano incaute intenzioni di radere al suolo Gaza, poi però modificate con l'intenzione di cancellare Hamas. Oggi si discuteranno le accuse, domani parlerà l'avvocato inglese Malcolm Show in difesa di Israele. Ma già un'accusa tanto cruda invoca la delegittimazione dell'esistenza stessa dello Stato ebraico, quella che «From the river to the sea», dal fiume al mare, chiede la cancellazione degli ebrei.

Se la Corte accettasse la richiesta sudafricana, la prima conseguenza sarebbe l'imposizione a Israele di fermare la guerra a Hamas. In seguito a un «no», potrebbe essere convocato il Consiglio di Sicurezza. Sarebbe una sconfitta penosa del buon senso, del prestigio stesso della Cpi e del diritto all'autodifesa dal terrorismo.

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