Israele si lecca le ferite, ancora sofferente: gli aerei volano e gli ospedali funzionano, le strade, nonostante qualche manifestazione residua sono pulite; i piloti, finalmente tornano ai loro aerei. Ma l'agitazione è ancora grande, le accuse reciproche pesanti, e il sospetto sull'onesta delle due parti. Gli incaricati, politici e esperti, iniziano gli incontri a casa del Presidente della Repubblica Herzog, grande mediatore; solo alcuni leader, per esempio l'ex primo ministro Ehud Barak, proclamano rabbia e speranza che la protesta riprenda contro Netanyahu fino alla sua defenestrazione; anche gruppi della destra estrema seguitano a protestare il loro diritto a far valere i risultati elettorali. Su questa difficile convalescenza pesa l'attenzione pesante e aggressiva della politica internazionale, il respiro sul collo dei media e delle istituzioni, sempre con l'indice alzato: Israele è una palestra di interessi internazionali infuocati su cui si sparano giudizi continui, più che su ogni altro Paese.
Israele guarda soprattutto agli Stati Uniti: un rapporto indispensabile, Usa e Israele. Odiati e amati insieme, ma sempre in discussione anche fra di loro. Difficile che un ambasciatore usi un tono tanto appassionato come quello dell'inviato di Biden in Israele Tom Nides quando, invitato a commentare lo stop alla riforma della giustizia si è emozionato: «Finalmente stanotte ho potuto prendere sonno». Ha detto anche che l'invito del presidente americano al primo ministro israeliano gli pareva all'orizzonte, nel «near future», il vicino futuro. Tema delicato: non è passato giorno senza che da parte dell'opposizione non si fosse sottolineato come contro la tradizione, il capo del governo israeliano non avesse ancora preso l'aereo per la Casa Bianca. Un portavoce del consiglio di sicurezza ha precisato poi che non c'è un piano di visita ma che «i leader israeliani hanno una tradizione di visite, e il pm visiterà anche lui». «Un tono agrodolce come l'insieme dei rapporti fra gli Usa e Israele negli ultimi anni», dice Alex Traiman, il capo della redazione israeliana di Jns, quotidiano americano online a grande diffusione. Biden in visita al governo precedente, più vicino al suo Partito Democratico, disse a Bibi: «Sai quanto ti voglio bene» e poi tenne un incontro privato con lui e con Ron Dermer, oggi ministro degli affari strategici, l'ambasciatore che al tempo di Trump aveva seguito lo spostamento dell'ambasciata americana a Gerusalemme e il fiorire degli Accordi di Abramo. Ma Biden ha cambiato l'atteggiamento americano, fino alla ripresa dei finanziamenti all'Unrwa e all'Unesco, incurante del record antisraeliano; molte prese di posizione hanno criticato il rapporto coi palestinesi: un documento del Consiglio di Sicurezza nell'imminenza del Ramadan e delle Pasque ebraica e cristiana invita senza distinzione tutte le religioni a evitare violenze, mentre si sa bene che per il Ramadan il rischio è quello islamico tradizionale nelle moschee di Gerusalemme, che porta ad attacchi terroristici fino alla guerra.
È forse il Ramadan che ritarda l'invito di Biden, che certo non vorrebbe trovarsi a un incontro di guerra. Il clima, comunque, non è il migliore dopo che l'attenzione per il governo attuale di Israele è arrivata fino a ripetute critiche per la scelta del ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir e del ministro delle Finanze Betzalel Smotrich, che in visita negli Usa non è stato ricevuto. Il consigliere per la Sicurezza Jake Sullivan e il segretario di Stato Antony Blinken davanti alle telecamere hanno tenuto una lezione a Netanyahu sulla giustizia, e anche Nides ha dichiarato in pubblico che «la democrazia d'Israele è fondamentale per la sua difesa all'Onu da parte nostra». Una velata minaccia a fianco delle manifestazioni. Ora, il campo è aperto per gli obiettivi strategici comuni, i Patti di Abramo, e lo scontro con l'Iran che balena all'orizzonte ormai da quando si è stato raggiunto un altissimo livello di arricchimento dell'uranio.
Da quando l'Arabia Saudita, capendo che gli Usa dalla Siria all'Afghanistan si ritirano dal mondo mediorentale ha scelto la mediazione cinese per l' accordo con l'Iran, il terreno è diventato scivoloso. D'altra parte il fatto che sia l'Iran a fornire a Putin i droni per la guerra in Ucraina, allarga il terreno di alleanza.
E, se Israele gode da anni di un importante aiuto degli Usa, l'America riceve da Israele un inestimabile contributo di informazioni, tecnologia, strategia antiterrorista, tecnologia, cyber. Bibi e Biden possono essere cauti nell'incontrarsi, ma hanno bisogno l'uno dell'altro.
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