Israele, il ministro Gantz incontra Abu Mazen. È un regalo del premier Bennett a Biden

Il presidente Usa preme per riaprire il processo di pace a guida americana

Israele, il ministro Gantz incontra Abu Mazen. È un regalo del premier Bennett a Biden

L'incontro fra Benny Gantz, ministro della difesa israeliano e Abu Mazen, è una specie di raro mazzo di fiori a Biden in un momento in cui, a causa della crisi Afghana, così pochi, nel mondo, gli vogliono bene o si fidano di lui. Gli Stati Uniti hanno una predilezione per il processo di pace, l'incontro del primo ministro Naftali Bennett col presidente americano alla Casa Bianca, tre giorni or sono, è stata tutta una dimostrazione del legame «indistruttibile» fra Usa e Israele. Tanto che Biden ha detto che se non riuscirà a ottenere dagli iraniani con la trattativa lo stop alla bomba atomica, allora lo otterrà in altro modo. Come? Quando? L'accordo con l'Iran ci sarà lo stesso sul margine dell'assemblamento dei pezzi della bomba islamica? Non si sa. Però Israele, mentre sa che deve salvaguardarsi da sola, da una parte tende a qualificare ancora di più il rapporto che a Biden oggi sta più a cuore di ieri, dato che Israele è il suo unico vero amico in Medio Oriente anche col guaio in cui lo ha cacciato, e, anche, capisce che tutti i suoi nemici islamisti fondamentalisti, Hamas fra i sunniti, gli Hezbollah sciiti, tutti alimentati dall'Iran, oggi sono eccitati e hanno voglia di menare le mani.

Israele ha interesse a cercare di calmare le acque, e la valutazione di Gantz è stata quella di cercare di rafforzare Abu Mazen a fronte di Hamas. Non importa se è in crisi di consenso già da molti anni, se è dal 2005 seduto su una sedia di Presidente che ormai non mantiene se non con forza autarchica, che ha 85 anni e una salute malferma. Gantz ha ottenuto da Bennett il permesso di incontrarlo dopo 11 anni che i palestinesi non si sedevano con gli israeliani, e ne ricava molta pubblicità personale e consenso a sinistra. Gli mancava da tempo. Ma è un evento accolto in maniere difformi, Hamas al solito dice di Abu Mazen che tradisce la causa, la destra israeliana fuori da governo protesta; Bennett, che quando Abu Mazen venne al funerale di Shimon Peres twittò frasi definitive contro chi «stipendia i terroristi», ha detto che nell'incontro non c'è cambio di politica, né sgomberi né due stati, solo accordi di sicurezza, dato che Gantz è ministro della difesa. Ma dalla Difesa si è fatto sapere che si è parlato di argomenti economici, civili, di sicurezza etc... l'economia palestinese si sa, è un disastro, il Covid picchia duro. I palestinesi però sono opposti a un ritorno a negoziati di pace sotto la leadership degli Usa, ha dichiarato Azzam al Ahmed, incaricato ufficiale: i palestinesi vogliono una conferenza precotta, organizzata da Guterrez sotto l'egida iperamichevole dell'Onu.

Per ora, Biden ha chiesto a Bennett di provare la disponibilità del governo post-Netanyahu, e post-Trump, misurandolo sulla disponibilità verso i palestinesi. Ed ecco un piccolo passo. Piccolo, perché non potrà andare avanti finchè Abu Mazen subisce la pressione di Hamas e ne invidia anche l'influenza maggiore della sua. Ora minaccia Ramallah, mentre l'esempio talebano balena in lontananza. Ma non tanto: due campi estivi per bambini tenuti dall'Olp e da Fatah sono stati intitolati alla terrorista Dalal Mughrabi, che guidò l'assassinio di 37 civili fra cui 12 bambini nel 1978.

La difficoltà per un dialogo coi palestinesi è tutta dentro queste scelte, che costruiscono il rifiuto di Israele e disegnano nuovi terroristi. Biden dovrebbe cominciare da Abu Mazen e non da Israele a chiedere simpatia per la sua linea.

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