Israele si schiera. Mosca minaccia già. "Relazioni a rischio". Profughi nel mirino

Gerusalemme promette armi all'Ucraina. Medvedev a muso duro. In ballo l'aliyah: il flusso di ebrei dalla Russia. E la Siria

Israele si schiera. Mosca minaccia già. "Relazioni a rischio". Profughi nel mirino

In principio fu l'Iran. Quell'Iran che ora tenta di negare di aver mai fornito droni alla Russia, arrampicandosi su vetri scivolosissimi. Perché è da un mese ormai che i droni iraniani Shahed e Mohajer hanno fatto la loro comparsa nei cieli dell'Ucraina, fornendo ai russi che li utilizzano un'arma insidiosa in grado di distruggere carri armati e blindati, fare strage nelle posizioni di combattimento, colpire infrastrutture civili e compiere atti di terrorismo nelle aree urbane: tanto che gli ufficiali di Kiev l'hanno subito identificato come «un enorme problema». Zelensky ha chiesto aiuto agli alleati occidentali per migliorare la sua difesa aerea, ma l'intervento indiretto dell'Iran nell'aggressione russa all'Ucraina ha avuto come effetto anche una svolta da parte di Israele. Perché lo Stato ebraico, fino a pochi giorni fa restio a sostenere Kiev, ha fatto sapere che il momento è giunto.

Già la scorsa settimana il New York Times aveva rivelato che Israele fornisce all'Ucraina intelligence sui droni iraniani. Ma siccome Gerusalemme dispone anche di armamenti sofisticatissimi, non sorprende che il falco del Cremlino Dmitry Medvedev abbia subito reagito minacciandola, se davvero comincerà a fornirne all'Ucraina, di interrompere le relazioni bilaterali. Una mossa che pesa soprattutto su due ambiti.

Il primo è il flusso continuo, molto cresciuto dopo lo scoppio della guerra lo scorso 24 febbraio e che ora Putin potrebbe bloccare, di ebrei russi che emigrano verso Israele; l'altro è la complessa relazione tra i due Paesi nello scacchiere mediorientale, già messa sotto stress dallo stringersi dei rapporti tra i regimi di Mosca e di Teheran.

Com'è noto, dallo scioglimento dell'Unione Sovietica, Israele ha accolto oltre un milione di immigrati russi, non sempre spinti da pura motivazione identitaria ebraica. Ma dal febbraio scorso si è assistito a una nuova ondata, motivata dalla paura della guerra e dal timore che le frontiere russe vengano di nuovo chiuse: oltre a 13mila ebrei ucraini, ne sono già arrivati 26mila dalla Russia, e si calcola che siano 35mila quelli in attesa che le loro pratiche per l'aliyah (la «salita», come la chiamano in Israele) siano svolte. E da quando Putin ha ordinato la mobilitazione, chi aveva un passaporto israeliano non ha perso tempo a precipitarsi in aeroporto.

Ci sono stati casi clamorosi. L'ex rabbino capo di Mosca Pinchas Goldschmidt ha lasciato la Russia già nel marzo scorso invitando tutti gli ebrei russi a imitarlo finché era possibile (uno su otto l'ha fatto), mentre la regina della canzone pop russa, Alla Pugacheva, una decina di giorni fa ha rilanciato le sue critiche alla guerra annunciando la sua fuga in Israele con il marito, che ha origini ebraiche.

In seguito alle iniziative di Goldschmidt, il ministero della Giustizia di Mosca aveva chiesto la liquidazione dell'agenzia ebraica in Russia, che si occupa di facilitare l'aliyah: il suo ricorso viene valutato proprio in questi giorni e questa è certamente un'arma potente nelle mani di Putin, proprio mentre Israele si sta organizzando per ricevere un'ondata migratoria. Quanto alle relazioni Russia-Israele, migliorate per complesse ragioni con l'intervento di Mosca in Siria, la guerra in Ucraina le ha molto raffreddate: nessuno dimentica la greve uscita del ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov sulle presunte origini ebraiche di Adolf Hitler, che costrinse Putin a pubbliche (e rarissime) scuse.

Mentre se è vero che finora Israele ha evitato di unirsi alle sanzioni contro la Russia, è anche vero che il premier Yair Lapid considerato vicino a Joe Biden - ha espresso sostegno alla causa ucraina. E ora il Cremlino dopo il caso dei droni iraniani potrebbe perfino considerare di porre fine alla politica di mano libera ai raid israeliani su bersagli iraniani in Siria.

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