Impantanata nella recessione e incapace di sciogliere i lacci della deflazione: è l'Italia ancora costretta a ragionar per sottrazione, in attesa che i quattrini promessi dall'Europa - più che i denari stanziati a pioggia dal governo Conte - arrivino a salvarci come il Settimo Cavalleggeri. L'ultimo bollettino dei disastri da Covid-19 conferma che nel Paese i prezzi rimangono avviluppati in una spirale negativa.
Le rilevazioni Istat di luglio parlano chiaro: l'inflazione è scesa dello 0,4%, terzo calo consecutivo dopo le flessioni dello 0,2% sia in maggio, sia in giugno. Una china così discendente non si vedeva dal 2016, quando la deflazione aveva bussato alla nostra porta per la prima volta dal 1959 offrendo la plastica rappresentazione di un Paese infartuato dalle politiche da macelleria sociale di Mario Monti e dal fallimento delle politiche economiche di Matteo Renzi. In caso di variazioni nulle da qui alla fine dell'anno, la cosiddetta «inflazione acquisita» è negativa per lo 0,1 percento.
Per quanto possa apparire paradossale, rispetto a quattro anni fa la situazione potrebbe essere meno grave sul fronte dei prezzi al consumo se gli effetti della pandemia continueranno a scemare. Una ripresa più o meno robusta, soprattutto se di matrice globale, avrebbe infatti un effetto di trascinamento verso l'alto del carovita. Sempre tenendo conto, tuttavia, dell'abulico andamento dei prezzi a livello internazionale, un fenomeno che perdura ormai da anni. I rischi di deflazione nell'Eurozona furono, non a caso, il grimaldello utilizzato da Mario Draghi per uscire dai binari della politica monetaria ortodossa e varare misure sempre meno convenzionali. D'altra parte, basterebbe un recupero delle quotazioni del petrolio capace di innescare il contestuale rincaro dei listini carburanti, per spegnere la fiammella deflazionistica. Proprio per effetto del depresso valore del barile, il mese scorso sono infatti stati i prezzi energetici (-12,1% dal -10,3% di giugno) a determinare il risultato negativo. La situazione del cosiddetto carrello dello spesa è in chiaroscuro: i prezzi sono aumentati dell'1,2% rispetto al 2019, ma meno rispetto a giugno (+ 2,1%). Anche se il sollievo per le tasche dei consumatori appare evidente, la deflazione non è un fatto positivo. Non lo è, tanto per cominciare, per un Paese come l'Italia il cui debito tende a gonfiarsi ulteriormente in presenza di prezzi negativi. Non lo è neppure per le aziende con prestiti in essere, né per chi ha un mutuo.
E altre sconfortanti notizie arrivano dal settore della moda. Oltre l'86% delle imprese ha subito un calo di fatturato nel secondo trimestre superiore al 20%. L'indagine congiunturale di Confindustria Moda ha svelato il pesante impatto del Covid-19 sul made in Italy. Il fatturato del secondo trimestre è stimato in calo del 39%. Il 93% delle aziende ha fatto ricorso alla cig.
Nel 54% dei casi lo strumento ha interessato oltre l'80% dei dipendenti. La flessione media degli ordinativi risulta pari al -37,3%. Lo scenario è negativo: la flessione media annua del fatturato è prevista al -32,5% sul 2019, ovvero 30,3 miliardi di euro in meno.
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