La replica ufficiale agli attacchi di Mosca non è ancora arrivata. Meglio non soffiare sul fuoco, avrà pensato qualcuno. Ma da palazzo Chigi trapela una certa consapevolezza: la linea intrapresa è quella necessaria e le razioni scomposte del Cremlino lo dimostrerebbero. Dopo le bordate di Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri di Putin, al piano tricolore per la riduzione della dipendenza dalle fonti energetiche russe, il governo italiano tira dritto sul documento stilato da ministro Cingolani e respinge l'assalto preferendo la strategia del silenzio.
Sull'argomento, lo stesso responsabile della transizione ecologica evita di dare spago alle polemiche e si trincera dietro un no comment. "A questi attacchi preferisco non rispondere", dice all'Adnkronos. La stessa modalità adottata anche dall'Europa. "Non perdiamo tempo a commentare le dichiarazioni folli delle personalità russe. C'è un'eccellente cooperazione fra l'Ue e gli Stati membri sul tema energetico", aveva infatti dichiarato il portavoce della Commissione europea dopo che Zakharova aveva accusato l'Ue di imporre a Roma un piano ordinato da Bruxelles e prima ancora impartito da Washington. "L'Italia è spinta al suicidio economico per la frenesia sanzionatoria euro-atlantica. Quando le imprese italiane crolleranno, saranno comprate a buon mercato dagli Yankee", aveva attaccato la portavoce del ministero degli esteri russo dal proprio canale Telegram.
La battaglia del price cap
Sul fronte italiano, però, al silenzio stampa ufficiale fa da contraltare la compattezza fatta trapelare sul caso da alcune fonti vicine al governo. Stando a quanto trapelato e riportato dall'Adnkronos, l'offensiva di Mosca sarebbe stata interpretata dai ministri coinvolti nel dossier energetico come "una prova di debolezza". Infatti - riferiscono le medesime fonti, dando seguito al ragionamento - "l'unico titolare dell'Energia attaccato finora è quello italiano, perché Roma si è mossa per tempo, al lavoro sin da subito per diversificare il più possibile, facendo scendere la dipendenza dal gas di Mosca dal 40 al 18% in una manciata di settimane".
Secondo questa tesi, dunque, ora "l'Italia è meno ricattabile" e quelle sferrate dal Cremlino contro Roma sarebbero solo "armi spuntate", agitate per tentare di pungolare il nostro Paese anche su un'altra battaglia in corso: quella sul price cap, ovvero il tetto al prezzo dell'energia che il governo Draghi aveva chiesto sin marzo (primo in Europa a farlo) e che ora sembra fattibile.
"Motivi più che validi per acuire il nervosismo di Mosca e mettere il lavoro di Cingolani nel mirino", commentano le stesse fonti di governo, facendo filtrare l'intenzione di non cedere a quegli strattoni non casuali rivolti proprio all'Italia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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