A ributtare lo ius soli al centro del dibattito, questa volta, non è stato un politico ma il presidente del Coni, Giovanni Malagò, dopo i successi italiani alle Olimpiadi di Tokyo. Certo, la sua proposta riguarda solo gli sportivi (scappatoia del tutto inutile visto che le regole in vigore funzionano benissimo), ma i pasdaran dell'accoglienza hanno colto la palla al balzo per estenderla a tutti i figli degli immigrati. "Chi nasce in Italia - hanno intimato - deve essere considerato italiano". A metterci il carico da novanta su una riforma, che gli italiani hanno più volte dimostrato di non gradire, è stata Luciana Lamorgese. Anziché chiamarsi fuori dalla mischia e concentrarsi maggiormente sugli sbarchi, il ministro dell'Interno ha infatti auspicato "una sintesi delle varie posizioni politiche" dando così un pericoloso assist alla sinistra che vorrebbe "portare, appena possibile, la legge in Aula".
Nemmeno il tempo di goderci le medaglie che già la polemica guastava i primi ori olimpici. È partito tutto ai primi di agosto, durante una conferenza stampa a Casa Italia, con Malagò che chiedeva a gran voce lo "ius sportivo" ("Chi ha questi requisiti deve avere immediatamente la cittadinanza italiana e non iniziare una via crucis") e Matteo Salvini che gli faceva notare (a distanza) che "già oggi, a diciotto anni, chiunque può chiedere e ottenere la cittadinanza". Ai talebani dell'immigrazione non è sembrato vero poter cavalcare la polemica. E così dai cespugli di Sinistra italiana e Liberi e Uguali ecco partire appelli a Partito democratico e Movimento 5 Stelle per fare catenaccio e riportare in Aula ("già a settembre") non lo ius sportivo invocato dal presidente del Coni ma lo ius soli duro e puro. A questo giro, però, Enrico Letta e Giuseppe Conte non hanno raccolto la provocazione e, già sommersi dai propri problemi, hanno preferito non fomentare lo scontro. Incidente chiuso? Macché.
Sabato scorso, a Olimpiadi quasi concluse, Malagò è tornato a cannoneggiare facendo sapere che concretizzerà una proposta concreta per intervenire sulla legge che già esiste e che consente di diventare cittadino italiano a 18 anni. "Non chiediamo nulla di diverso - ha precisato - chiediamo di anticipare l'aspetto burocratico che è un inferno". Questa volta, però, a raccogliere la sfida non sono state le frange più estreme della sinistra, ma la Lamorgese in una intervista alla Stampa che ha ha scatenato una vera e propria levata di scudi da parte del centrodestra. "Pensi a fermare gli sbarchi", ha replicato seccato Salvini. "Nei giorni in cui le coste siciliane subiscono l'ennesima crisi dovuta agli sbarchi - hanno tuonato da Forza Italia - spendere parole favorevoli allo ius soli significa prestare ulteriormente il fianco all'immigrazione clandestina". "È surreale e vergognoso che in una fase così delicata e complicata per cittadini e imprese, la sinistra al governo abbia come priorità lo ius soli - ha incalzato Giorgia Meloni - torneranno mai in contatto con la realtà?".
Caduto nel vuoto quando Malagò ha lanciato la sua proposta all'inizio del mese, dopo l'assist della Lamorgese anche Letta è uscito allo scoperto rispolverando il suo vecchio cavallo di battaglia ("La legge di cittadinanza è una legge di civiltà fondamentale per il nostro Paese"). Lo ius sportivo altro non è che il grimaldello per arrivare a quello che i fan dell'accoglienza chiedono da tempo: cittadinanza facile a tutti i figli degli immigrati.
Un tema fortemente divisivo (tra l'altro già bocciato dagli italiani) che non deve essere posto all'interno di un governo di unità nazionale che deve avere ben altre priorità nella testa: la salute, il mercato del lavoro e la crescita economica, tanto per citarne alcune. Mettere in crisi il processo di ripresa per una riforma ingiusta, che rischia anche di essere viatico per una nuova ondata migratoria, è pericoloso non solo per la maggioranza ma per tutto il Paese.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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