Ha vinto quello che ormai viene definito il «metodo Giorgetti». È saltato il banco che rischiava di veder finire in mani cinesi lo storico marchio italiano Iveco - azienda produttrice di camion e bus -, ma quel tavolo è stato monitorato passo a passo dal neo ministro dello Sviluppo economico, e seguito con una certa «preoccupazione» dal governo, pronto a usare in extremis l'arma del golden power per bloccare un'eventuale acquisizione. Non si è dovuti arrivare a tanto, grazie, sostengono fonti leghiste, «all'intervento di Giorgetti». Quando il gruppo industriale controllato da Exor - holding della famiglia Agnelli - ha confermato di aver «terminato le discussioni con Faw Jiefang», lo stesso titolare del Mise ha fatto sapere che «il governo italiano ha seguito con attenzione e attiva discrezione tutta la vicenda perché ritiene la produzione di mezzi pesanti su gomma di interesse strategico nazionale. Il Mise è pronto a sedersi al tavolo per intervenire per tutelare e mantenere questa produzione in Italia». Ma l'abbandono della trattativa in corso, assicurano nella Lega, è frutto della «moral suasion» operata dal ministro su John Elkann, «con l'appoggio del presidente del consiglio Mario Draghi». Sarebbero stati i contatti costanti di Giorgetti con i vertici di Exor a dissuadere il gruppo dalla prosecuzione dell'operazione. Ora, però, dovranno essere seguiti da un confronto per risolvere le criticità che hanno portato la produzione in Italia a un passo dall'addio.
Del resto, il ministro leghista aveva promesso che questo, «tutelare la produzione strategica italiana», sarebbe stato il suo impegno all'interno del governo. E fino all'ultimo, cioè a ieri mattina, il golden power sarebbe stato a un passo dall'attivazione, per salvaguardare quella che viene considerata una società operante in un settore di interesse nazionale. Lo stesso premier aveva già condiviso pubblicamente la linea del ministro sulla difesa delle aziende che operano in settori strategici dalle aggressioni straniere. E, dunque, anche dalle offensive di Pechino. Solo dieci giorni fa aveva annunciato l'attivazione del golden power per bloccare un'acquisizione da parte cinese di un'azienda italiana, la Lpe Spa, operante in uno dei comparti più delicati per la sicurezza nazionale, quello dei semiconduttori. Anche in quell'occasione la decisione era stata presa su «impulso» proprio del Mise di Giorgetti, d'intesa con il Dis, il ministero della Difesa e quello degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Il rischio di dover ricorrere alla stessa arma, anche nel caso di Iveco, fanno sapere fonti del Carroccio, «era alto», e sarebbe stato l'intervento del ministro «a sbloccare la situazione» con un'opera di «mediazione» su Exor che è stata appoggiata dal premier e con lui condivisa. Lo stesso Giorgetti nei giorni scorsi aveva esternato «una certa preoccupazione» del governo sul futuro dell'impresa italiana davanti alle commissioni riunite Attività produttive della Camera e Industria del Senato, ricordando che «l'utilizzo del golden power dipende da alcune fattispecie da verificare, ma certamente sono in gioco interessi strategici che giustificano una valutazione». Il Movimento 5 Stelle plaude, ma ora chiede che «Giorgetti dia seguito rapidamente rispetto alle dichiarazioni rilasciate, convocando il prima possibile - come richiesto anche dalle organizzazioni sindacali - un tavolo istituzionale con tutti gli attori coinvolti per tutelare l'occupazione e mantenere la produzione in Italia».
Comunque, «non possiamo che accogliere positivamente la notizia del mancato perfezionamento della trattativa per la sua vendita. Parliamo di unìazienda strategica per il Paese e non possiamo permettere che passi in mani straniere».
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