«Mi aspetto che entro due settimane Joe Biden si faccia da parte, e il rischio per i democratici è che ci siano alcuni scontri alla Convention, non si vedeva niente del genere dal '68 a Chicago». A scattare la fotografia della situazione negli Usa a meno di quattro mesi dalle elezioni per la Casa Bianca è Ian Bremmer, fondatore di Eurasia Group, la principale società di consulenza mondiale sui rischi geopolitici.
Come è andata la conferenza stampa di Biden?
«Si è comportato ragionevolmente bene, in particolare sulle questioni di politica estera, argomenti che conosce a fondo e con cui si sente a suo agio. Ci sono state solo un paio di piccole gaffe, ma è molto difficile ribaltare i suoi problemi con una conferenza stampa. Non penso che cambi molto».
Quindi non è bastata a tranquillizzare chi chiede il suo ritiro
«È quasi impossibile per lui fare abbastanza per placare le preoccupazioni di non poter vincere queste elezioni. I suoi sono stati sempre riluttanti a farlo comparire in occasioni spontanee, se pensavano che fosse stato in grado lo avrebbero fatto dal giorno dopo il dibattito di Atlanta, magari con conversazioni informali, frequenti e regolari. Donald Trump lo fa sempre, guarda a malapena il gobbo (e vorremmo che lo facesse di più). Dal dibattito ad oggi la pressione su Biden è solo cresciuta, non importa quello che dice».
I grandi donatori democratici stanno congelando i finanziamenti, questo può convincerlo a farsi da parte?
«Penso che lui non sia ancora arrivato al punto di fare un passo indietro. La grande maggioranza dei democratici di spicco è convinta che non potrà restare in carica altri quattro anni, e sono persone a cui piace Biden, vogliono che vinca se può, ma se sono convinti che non sia il migliore candidato per battere Trump, lavoreranno duramente nelle prossime settimane per convincerlo a farsi da parte, ed è quello che stiamo vedendo ora. I donatori sfruttano il potere dei finanziamenti per essere ascoltati, i membri dei caucus dem alla Camera e al Senato stanno cercando di non mettere in imbarazzo pubblicamente il presidente, ma fanno del loro meglio per convincerlo a dimettersi. Pur sapendo che non hanno alcun potere per farlo e alla fine l'unico a decidere è lui».
Cosa si aspetta nei prossimi giorni?
«A meno che la situazione non cambi, o fino a quando non cambierà, ci saranno più persone che ne chiederanno il ritiro, altri donatori che si tireranno indietro. Questa è una crisi assoluta per l'amministrazione, aggravata dal fatto che non hanno buone alternative».
Quali sono?
«L'alternativa ovvia è la vice presidente Kamala Harris. E penso che sia la strada migliore da percorrere a questo punto, ma c'è un'enorme incertezza nell'avere un nuovo candidato ora. Mancano solo quattro mesi a novembre, non esiste un piano A o un piano B ovvio. Non sanno cosa fare, e tutte le opzioni sono pessime».
Qual è il suo pronostico sulle mosse del presidente?
«Se dovessi scommettere, direi che Biden si farà da parte nelle prossime due settimane. Questo perché penso che sia una brava persona che crede nel suo Paese e nel suo partito al di sopra di se stesso. So che Trump non si dimetterebbe, e ci sono stati alcuni sussulti di arroganza piuttosto significativi durante la settimana da parte del presidente e della sua portavoce. Perché non fare immediatamente un test neurologico e rendere pubblici i risultati? Certo Trump non lo avrebbe mai fatto, ma Biden non è così, e il fatto che si stia ritirando in una posizione difensiva e arrabbiata lo porta a dire e fare alcune cose che non vanno d'accordo con la sua storica leadership».
Potrebbe scoppiare il
caos alla Convention democratica in agosto?«Sicuramente. Si può immaginare che ci saranno molte dimostrazioni, e alcune violenze. Voglio dire, non si vedeva niente del genere dal '68 a Chicago, è un vero problema».
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