«Non posso fare a meno dello strumento del lockdown più di quanto mi priverei del deterrente nucleare. Ma è come il deterrente nucleare, di certo non lo voglio usare. E non credo ci troveremo di nuovo nella stessa situazione di qualche mese fa». L'intervista del primo ministro inglese Boris Johnson, uscita ieri sul Telegraph il suo giornale, quello che per cui scriveva come corrispondente da Bruxelles e da cui nel 2019 era pagato 23mila sterline al mese per una colonna settimanale è una risposta all'intervento del consigliere scientifico del governo: venerdì, in un'audizione parlamentare, sir Patrick Vallance aveva dichiarato che «quando giungerà l'inverno le sfide saranno molto più grandi e c'è il rischio che si debba ricorrere a misure a livello nazionale». Un avvertimento giunto nello stesso giorno in cui Johnson si diceva speranzoso di poter tornare a una sostanziale normalità entro Natale.
Le parole di Vallance e Johnson non sono in contraddizione tra loro, né quelle del primo ministro sono da leggere come la solita spacconata di un allegro buffone, come spesso viene semplicisticamente identificato. Sono invero risposte a problemi diversi. Da un punto di vista sanitario il Paese è riuscito a portare sotto controllo la diffusione della malattia. Il percorso è stato tortuoso, gli errori e le difficoltà molteplici, tanto che il primo ministro ha aperto a una futura commissione d'inchiesta. Il lockdown è stato revocato, le frontiere riaperte, quando ora si arriva da molti Paesi Italia inclusa non è più necessario sottostare alla quarantena fiduciaria. Si sono registrati casi di focolai locali, il più eclatante dei quali ha portato alla chiusa di Leicester a partire da inizio luglio, quando negozi non essenziali e scuole hanno richiuso mentre pub e ristoranti non hanno riaperto, diversamente da quanto successo nel resto del Paese il super sabato del 4 luglio. Ci sono attualmente un'altra decina di posti sotto osservazione sparsi nelle Midlands, nessuno della gravità di Leicester, che hanno spinto il governo verso un parziale decentramento dei poteri di lockdown a favore delle comunità locali.
L'idea, e la speranza, è quella di velocizzare e rendere più efficace la messa in sicurezza delle zone a rischio mantenendo il resto della nazione libera di muoversi. Perché il problema che assilla Downing Street è oggi la lentezza con cui si muove la ripresa economica ed è a questo che guarda Johnson: esemplificativo è il settore della ristorazione, secondo il Ft l'attività è ancora a un -60% rispetto ai livelli pre-Covid, mentre in Germania si è tornati alla normalità.
La risposta economica dello stato inglese alla pandemia è stata consistente, anni da formica hanno consentito di aiutare imprese e lavoratori scongiurando al momento un aumento dei licenziamenti. Ma con un debito su Pil che ha però superato il 100% e una finanza pubblica in deterioramento, un secondo lockdown totale non appare economicamente sostenibile.
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