Da Jospin a Hollande, vittime della desistenza

In nome della lotta alla destra, i socialisti costretti a spingere Macron e pure i gollisti pro comunisti

Da Jospin a Hollande, vittime della desistenza
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Ora e sempre Desistenza! Anche a costo di sembrar marionette. Le stiamo vedendo tutte, in questa campagna francese. Ma i neogollisti che indossano l'eskimo, dichiarando di votare comunista pur di non convogliare l'elettorato verso il Rassemblement national, non li avrebbe immaginati neppure un maestro dell'assurdo come Jean Tardieu. Invece la campagna per il secondo turno assomiglia sempre di più a un carnevale degli ideali traditi. Dai monologhi dell'ex premier Édouard Philippe, gollista dell'ala destra della Macronie, ai pezzi del fu partito di Chirac; alcuni pronti a tutto pur di non vedere Bardella a Matignon.

È il caos. Philippe, dopo giorni di tergiversamenti, dichiara nel suo collegio di «votare senza esitazioni comunista, preferisco un eletto che conosco rispetto al Rn». Si è convertito sulla via di Le Havre a falce e martello? Panico tra i suoi per l'annuncio choc. È solo fedele alla linea, spiega (far barriera all'estrema destra). Ma la fedeltà alla coerenza?, grida qualcuno intervistato nel suo feudo: quella non sembra più di casa a Le Havre. Lì è sindaco, e il comunista che ha chiesto di far votare domenica è stato pure suo avversario per diventare primo cittadino. È Jean-Paul Lecoq. Sempre tra i neogollisti, c'è il caso dell'ex ministro Xavier Bertrand. Non ha seguito Ciotti nell'avventura del neo-lepenismo allargato, ora desiste e appoggia un centrista. D'altronde Bertrand nel 2021 fece lo stesso votando allora (pure lui) comunista. Schema Tafazzi. Schegge impazzite, pezzi di storia francese che diventano maschere. Ma l'effetto del nuovo fronte repubblicano è incerto. Basta accendere le radio a microfono libero per avere un'idea dello spaesamento generale.

Di fronte al circo delle desistenze, più simili a un mercato, si rivedono pure vecchi leader socialisti. Li credevamo estinti. Travolti dall'avvento del centro liberale di Macron, confinati nelle loro lussuose case; prime o seconde che fossero. Ma a volte ritornano. Sono i cosiddetti elefanti, che dal 2017 (era Macron) erano spariti dai radar. Nessuno li chiamava più in tv, non partecipavano neppure alle riunioni di un Ps parso avviarsi più verso una «ridotta» che verso la rinascita. Invece rieccoli: invecchiati, marchiati chi da inchieste e chi dal tempo, sfilare sui canali all news e sul terreno alla vigilia del voto, pronti a sostenere perfino i macroniani che hanno contribuito a farli fuori o addirittura scegliere l'estrema sinistra mélenchoniana. Insomma: i carnefici di un grande e storico Ps pur di non vedere l'uomo nero a Matignon.

«Bisogna saper scegliere il miglior nemico». Così l'ex presidente del Fmi Dominque Strauss-Kahn, travolto dagli scandali sessuali (ma la memoria è corta a sinistra) ha aperto le danze anti-Le Pen; primo tra i grandi vecchi a tornare in tv per invitare a ricostruire la diga contro il «pericolo» Rn. Lui, che fu schifato dai suoi per uno «scandaletto» sessuale che lo privò dell'occasione di correre per l'Eliseo, e che dovrebbe dunque sapere più d'altri quanto i giudizi affrettati possano essere un azzardo, taglia corto senza argomentare: «Turiamoci il naso e votiamo». Contro «l'estrema destra», s'intende. Si è palesato in tv anche un redivivo Lionel Jospin, forse l'ultimo vero leader (pur perdente) della gauche Ps. Pure lui abbraccia il fronte no-Le Pen; ma invita almeno a votare una socialista. Al primo turno, su BfmTv si diceva però pronto a scegliere perfino France Insoumise, il partito-killer della sinistra storica in Francia, di Mélenchon.

D'altronde era l'uomo del realismo economico. E l'ex presidente Hollande? Beh, lui cerca un seggio. Rispuntato con 17 kg in meno. Al secondo turno spera in un «sussulto anti-Rn». Ma il suo vero avversario è un neogollista giunto terzo che non ha fatto Desistenza.

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