La kryptonite? Esiste. E ora tutti la vogliono

Scoperto in Serbia un grande giacimento di un minerale quasi identico a quello fatale a Superman: contiene il prezioso litio

La kryptonite? Esiste. E ora tutti la vogliono

Belgrado - Lo scompiglio fu generale quando risultò che l'unica differenza era nel colore, perché «era bianca e non verde» come la «kryptonite» nell'ultimo film della saga hollywoodiana di Superman: era il 2007 quando il campione di minerale prelevato dalla provincia di Loznica, nella Serbia centrale, fu portato dal colosso del settore minerario anglo-australiano Rio Tinto ad analizzare nei centri specializzati di Regno Unito e Canada. La scoperta fu definita a dir poco eccezionale perché rappresentava un esemplare unico di minerale quasi identico, tranne che per alcune particelle di fluorite, proprio alla sostanza fatale per il supereroe più famoso al mondo. La formula era ricavata dalla ricostruzione cinematografica e ci fu persino chi, trascinato dall'entusiasmo, obiettò che nella versione originale «di qualche fumetto» la «kryptonite» era bianca proprio come quella trovata in Serbia. Lo scompiglio fu ancora più grande quando gli studi dimostrarono che il minerale poteva consentire, se non proprio di andare fino a Krypton, per lo meno di realizzare una quantità tale di batterie di lunga durata da rivoluzionare il mercato delle nuove applicazioni tecnologiche.

A distanza di qualche anno gli esperti, questa volta finanziari, tornano sulla notizia con un'analisi dettagliata delle potenzialità della «kryptonite» serba, chiamata oggi in termini scientifici jadarite in onore della valle di Jadar dove fu scoperta. La jadarite potrebbe soddisfare, secondo la rivista specializzata Australian financial review, il 20 per cento dell'attuale richiesta del mercato mondiale di litio data l'altissima quantità al suo interno, e quindi la valle serba di Jadar si presenta come il più grande «deposito di litio» al mondo. Uno studio pubblicato in questi giorni dalla Morgan Stanley ha infine riacceso gli entusiasmi perché ha concentrato l'attenzione sui possibili sviluppi del mercato dell'energia, in una fase che porta a cercare soluzioni alternative al petrolio e che vede sempre più agguerriti i costruttori di auto elettriche. Se infatti fino a qualche tempo fa l'idea di un motore a trazione non convenzionale non suscitava grandi entusiasmi, adesso si registra una crescita esponenziale di interesse da parte delle maggiori case automobilistiche per le ricerche, ad esempio, della statunitense Tesla Motors, che prende il nome dello scienziato, ironia della sorte di origine serbe, noto come il «padre dell'elettromagnetismo».

La curiosità dimostrata dai grandi nomi dell'autoindustria ha portato la Tesla Motors a progettare, entro il 2017, un ampliamento dei suoi stabilimenti trasferendoli dal Nevada in Arizona con un investimento di oltre 2 miliardi di euro. Il piano industriale prevede invece di arrivare, entro il 2020, alla produzione di una quantità di batterie sufficiente a fare da «carburante» a 500.000 veicoli. Secondo Morgan Stanley, entro il 2030 le vetture con motore elettrico potrebbero invadere il mercato fino a ricoprire il 16 per cento della produzione automobilistica mondiale. Questo porterebbe ad un effetto boomerang tutto positivo sul settore minerario, altro punto critico dell'economia globale, perché le auto elettriche che funzionano esclusivamente a batteria avranno bisogno, secondo le proiezioni, di sempre più rame, grafite ed alluminio. A frenare gli entusiasmi è la stessa Rio Tinto, che prende tempo e sottolinea come al momento sia stato tracciato il progetto «concettuale» di una miniera e del processo estrattivo a Loznica, ma «gli studi sono ancora in corso» per capire la reale dimensione delle operazioni. La produzione in scala potrebbe non richiedere dei costi eccessivi, ma potrebbero volerci ancora alcuni anni, forse sei, per arrivarci. Per ora è stato firmato un Memorandum d'intesa con il Comune di Loznica, e il governo di Belgrado ha esteso la licenza per le esplorazioni. Rio Tinto ha recentemente annunciato un investimento da 20 milioni di dollari entro la fine del 2017 per proseguire le ricerche in Serbia, andandoli ad aggiungere ai 70 già spesi. Il «progetto Jadar», secondo il presidente di Rio Tinto Dean Gehring, resta «una parte importante» del portfolio aziendale mentre il gruppo prosegue negli studi di fattibilità.

L'amministratore delegato della Rio Tinto in Serbia, Richard Story, spiegava già nel 2014 che l'apertura di un bacino minerario richiede tempo per capire se l'operazione è davvero sostenibile. «Siamo ancora in una fase di ricerca diceva nel corso di una presentazione dei risultati provvisori e ci vuole molto tempo per un progetto di portata così ampia. Prima di aprire una miniera dobbiamo essere sicuri che il piano sia sostenibile da ogni punto di vista. Deve essere socialmente accettabile, sicuro dal punto ambientale e percorribile dal punto di vista economico. In ogni caso aggiungeva - gli studi procedono bene». Talmente bene che, secondo i media serbi, le proiezioni parlano di un valore potenziale di 10 miliardi di euro per il futuro bacino minerario.

In attesa dei risultati definitivi, dunque, gli esperti finanziari, i vertici aziendali e persino gli abitanti della piccola Loznica si convincono sempre di più che la «kryptonite» serba, se non sarà in grado di trasmettere dei particolari superpoteri, potrà per lo meno trasformarsi in una «miniera d'oro» del terzo millennio.

Nella valle di Jadar dovrebbero infatti trovarsi circa 114,6 milioni di tonnellate di minerale contenenti una percentuale di 1,8 punti di ossido di litio, ed il conto è presto fatto se si calcola che il litio si vende fino a 5.000 euro per tonnellata. Roba da far brillare gli occhi anche a Superman.

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