Via Kuleba, ribaltone Kiev. "Ora serve nuova energia"

Lascia anche il ministro degli Esteri. Zelensky: "Così ci rafforziamo". Mosca: "È autunno, cadono le foglie. Negoziati? Non cambia nulla"

Via Kuleba, ribaltone Kiev. "Ora serve nuova energia"
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Un rimpasto di governo che sa ribaltone fa rumore in qualsiasi Paese. Ma se succede a un Paese in guerra da oltre due anni, con il nemico in casa che avanza e il conflitto in una fase che sembra ogni giorno sempre più delicato, il boato è fragoroso. Sono ben sette i funzionari di spicco del governo ucraino che si sono fatti da parte. Su tutti spicca il ministro degli Esteri Dmitro Kuleba, dall'inizio del conflitto volto e riferimento della diplomazia di Kiev in giro per il mondo, dalla Nato alla Ue passando ovviamente agli Stati Uniti dove ha stretto legami importanti. Con lui altri tre ministri e due vicepremier si sono dimessi. E non è ancora del tutto chiaro se si tratti di dimissioni volontarie o di epurazioni volute da dal presidente Volodymyr Zelensky, mentre c'è chi vocifera che all'origine del ribaltone ci sia proprio un crescente malumore nei confronti del leader.

«Alcuni di loro sono ministri da cinque anni e abbiamo bisogno di nuova energia», ha tagliato corto Zelensky. Il portavoce del suo partito di Zelensky David Arakhamia ha spiegato che si è trattato di un passaggio previsto e condiviso: «Come promesso, questa settimana è previsto un importante rimpasto di governo. Più del 50% del personale del governo sarà cambiato», ha detto. E così è stato. Kuleba con una lettera ha rassegnato ufficialmente le sue dimissioni, e secondo indiscrezioni potrebbe essere sostituito dal suo vice, Andrei Sibiga. Kuleba, molto apprezzato a livello internazionale, potrebbe invece diventare ambasciatore di Kiev al Parlamento europeo di Bruxelles. Poco prima di lui hanno lasciato l'incarico il ministro delle Industrie strategiche Alexander Kamishin, quello della Giustizia Denis Maliuska, dell'Ambiente e delle Risorse naturali Ruslan Strilets. Con loro, dimissionari anche il direttore del Fondo per le proprietà statali, Vitali Kova e le due vicepremier Olha Stefanishyna, prima responsabile dell'integrazione europea, e Iryna Vereshchuk, responsabile per l'emergenza rifugiati.

Va detto che non è la prima volta che Zelensky cambia alcune pedine, anche di primo piano, dall'inizio della guerra. Sono numerosi i rimpasti ordinati che sono costati il posto, tra l'altro, silurando lo scorso settembre il suo ministro della Difesa Oleksii Reznikov dopo una serie di scandali di corruzione e, più recentemente, sostituendo il comandante supremo Mykola Oleshchuk in seguito alle battute d'arresto sul campo di battaglia. Ma il cambio al vertice più di peso resta quello del generale Valery Zaluzhny, rimosso dal comando delle forze armate in favore di Oleksandr Syrsky. Zaluzhny, che era di fatto braccio destro del presidente, è finito a fare l'ambasciatore nel Regno Unito e viste anche le sue critiche non troppo velate verso il governo di Kiev, è dato da molti come possibile successore dello stesso Zelensky nel caso in cui le cose per lui si mettessero male in patria. Specie se fossero confermate le voci sui malumori interni nei palazzi del potere di Kiev.

Se a livello globale ci sono perplessità per le dimissioni e attesa per le nuove nomine che dovrebbero arrivare già tra oggi e domani, chi ovviamente esulta e specula è Mosca.

La sempre solerte e mai moderata portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova attacca: «Autunno, cadono le foglie e i rami si mostrano nudi», riferendosi soprattutto all'addio al governo di Kuleba, nemico giurato del Cremlino che tramite l'altro portavoce sempre presente, Dmitry Peskov, fa sapere che sta monitorando la situazione ma che il rimpasto «non avrà alcun effetto e non ha nulla a che fare con le prospettive del processo di negoziazione». C'è attesa, anche da quelle parti.

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