L'aeroporto di Kabul è circondato da un cordone di almeno 300 militari, tra americani, inglesi e turchi. Le operazioni di evacuazione di personale della coalizione, dei collaboratori e delle loro famiglie è ripreso ieri dopo che molte delle persone che avevano invaso la pista tra scene di panico si sono allontanate.
Straziante pensare alle facce dei 640 afghani caricati sul C-17 americano in partenza per il Qatar, quelli dell'ormai famosa foto. Il Pentagono ha spiegato che domenica sera centinaia di civili disperati erano riusciti a introdursi nell'areo arrampicandosi su una rampa rimasta semiaperta. Invece di cercare di far scendere i profughi con la forza, «l'equipaggio ha preso la decisione di partire». Ora i 640 afghani sono alla base militare Usa di Al Udeid, in Qatar. Ancora più drammatica la scena diffusa ieri di uno di questi disperati in fuga dall'incubo. Aggrappato alla carlinga dell'aereo militare ormai in quota, con le gambe che sventolano come fossero due bandierine. Congelato dalla temperatura. Gli ultimi, disperati momenti di vita di chi ha preferito morire in quel modo che guardando in faccia gli oppressori. Uno dei velivoli americani, peraltro, non è riuscito ad aprire subito il carrello all'atterraggio. Il motivo è stato chiaro poco dopo: incastrati vi erano i resti di un uomo.
E qualcuno solleva sterili polemiche riguardo al carico dei cargo americani rispetto a quelli italiani. Ma chi le fa dimostra di capire poco di assetti militari. La nostra Aeronautica ha infatti i KC-767, che vengono utilizzati per il ponte aereo tra l'aeroporto di Kuwait City e l'Italia, non adatti ad atterrare in condizioni estreme a Kabul perché non dotati di sistemi di difesa. Oltretutto, sono Boeing riadattati alla Forza armata. Al massimo possono portare 150 persone in condizioni di full capacity. I C-130 della 46esima Brigata aerea di Pisa, utilizzati per il ponte aereo tra Kabul e Kuwait City, perché dotati di sistemi di difesa, possono caricare al massimo 70 persone. Ne è partito uno ieri dallo scalo intermedio, con a bordo i 22 incursori della Joint Extractor Task Force che si occupano di dare protezione durante le operazioni di imbarco. Ha caricato il gruppo e poi farà di nuovo scalo a Kuwait City, da dove è partito il 767 che questa mattina alle 11.30 atterrerà a Fiumicino. Occorreranno diversi voli per portare via tutti e, infine, anche i tre militari e il diplomatico fissi all'aeroporto di Kabul che si stanno occupando degli imbarchi. Inizialmente avremmo dovuto esfiltrare 496 persone. Oggi in lista sono circa 1.500. Occorreranno quindi più voli. Un elogio arriva anche da Guido Crosetto (FdI) che ha ringraziato su Twitter il comandante del Covi, generale Luciano Portolano: «Il braccio operativo del Ministero della Difesa sta facendo miracoli», ha scritto. E con lui tutti coloro che lavorano dietro le quinte, compresi il ministro Lorenzo Guerini, il Capo di Stato Maggiore della Difesa Enzo Vecciarelli e il suo instancabile staff più prossimo.
Intanto, dallo scalo di Kabul l'andirivieni degli aerei militari delle nazioni impegnate nel ponte aereo è continuo.
I talebani in un messaggio hanno detto che «gli americani devono evacuare l'Afghanistan entro l'11 settembre e che il movimento non è interessato ad attaccare le forze Usa». Ma fonti locali parlano di sparatorie con morti all'ingresso dell'aeroporto. Ecco perché ci si deve sbrigare: la salvezza di tante vite dipende da una corsa contro il tempo.
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