L'affondo di Trump dopo l'incriminazione. "Ricuserò giudice e corte di Washington"

Il tycoon sui fatti di Capitol Hill: "Impossibile un processo equo". Il suo ex vice, Mike Pence, potrebbe testimoniare contro di lui

L'affondo di Trump dopo l'incriminazione. "Ricuserò giudice e corte di Washington"
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«Sono stato incriminato perché hanno paura di noi». Donald Trump torna all'attacco dei rivali e della giustizia americana dopo le ultime accuse nell'ambito delle indagini sulle carte segrete portate a Mar-a-Lago, e sull'assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Dal palco del maggiore evento annuale del partito repubblicano in South Carolina, l'ex presidente americano spara a zero sul procuratore speciale Jack Smith dandogli dello «squilibrato», e afferma che sta affrontando le accuse perché è avanti a Joe Biden nei sondaggi.

«Mi vogliono zittire perché non lascerò mai che siano loro a zittire voi - continua il tycoon - Alla fine non cercano me, cercano voi, io sto solo ostacolando la loro strada e non smetterò mai di farlo, voi sarete protetti. Ve lo prometto, e se mi farete tornare alla Casa Bianca il loro regno finirà e l'America sarà di nuovo un paese libero. Adesso non siamo un paese libero». Quindi, sul social Truth, annuncia di aver dato mandato ai suoi avvocati di chiedere alla giudice Tanya Chutkan di ritirarsi dal processo a suo carico per l'assalto al Congresso e per aver tentato di ribaltare i risultati delle elezioni, nonché di spostare il procedimento da Washington ad un'altra città. «È impossibile per me avere un processo equo con il giudice che mi è stato assegnato e in quella sede», attacca Trump. La togata, nominata dall'allora presidente Barack Obama nel 2014, è stata scelta attraverso un'estrazione, ma è anche un'esperta di processi per l'attacco al Congresso e colei che ha comminato le pene più severe. Nell'ambito di questo caso, gli occhi sono puntati sull'ex vice presidente (e attuale candidato alle primarie repubblicane) Mike Pence, che potrebbe testimoniare contro The Donald. Rispondendo ad una domanda in merito, Pence dice che «non ne ha intenzione, ma non lo esclude», assicurando: «Risponderò alla chiamata se arriverà e dirò solo la verità». L'ex numero due del tycoon è una figura centrale in questo procedimento poiché fu proprio lui, in qualità di presidente del Senato, a supervisionare la certificazione della vittoria di Biden subendo enormi pressioni da parte di Trump per non farlo. Nelle 45 pagine di accuse il ruolo dell'ex vice presidente viene citato spesso, e ad un certo punto si parla di una telefonata del 1 gennaio 2021 durante la quale l'ex inquilino della Casa Bianca è furioso con Pence che non ha voluto prendere parte al piano per ribaltare il risultato elettorale e gli rimprovera di essere «troppo onesto». Uno degli avvocati di Trump, John Lauro, ha spiegato che il suo cliente potrebbe aver commesso una «violazione tecnica della Costituzione», ma ciò non significa che abbia infranto alcuna norma penale, e ha definito «semplicemente sbagliato» suggerire che abbia spinto Pence a infrangere la legge.

Il procuratore speciale Jack Smith, intanto, ha domandato di limitare lo spazio d'azione e di parola di Trump: tra le restrizioni richieste c'è quella di impedire ai suoi avvocati di fornirgli copie dei documenti più «sensibili», come le informazioni sui testimoni o le trascrizioni degli interrogatori, per evitare che vengano sfruttate per intimidirli o influenzarli.

La giudice Chutkan ha concesso al suo team legale fino alle 17 di oggi per esprimersi sulla

mozione di Smith (respingendo la loro richiesta di posticipare la data). I numeri, però, continuano a rimanere dalla parte del tycoon, che nei sondaggi resta di gran lunga il candidato preferito dagli elettori repubblicani.

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