Confindustria non esita a parlare di «emergenza nazionale» e prevede crescita zero per il Pil italiano nel 2023. In frenata rispetto a quelle del governo contenute nella Nadef, che danno un +0,6%. Il Centro studi analizza i costi dello choc energetico: 110 miliardi di euro in più nel 2022, una cifra «insostenibile« per le imprese. Significa che il combinato disposto con l'inflazione (+8,9% annuo a settembre, su valori che non si registravano dal 1985) si è già abbattuto come uno tsunami sul sistema economico, con effetti sulle famiglie e sulle imprese che rischiano di protrarsi in modo irreversibile.
Nel pieno dell'emergenza gas c'è l'allarme dell'ad di Eni Claudio Descalzi. Più che quello alle porte, «l'inverno più duro sarà quello del 2023/24» se l'Italia non potenzierà le sue infrastrutture. «Serve più capacità di stoccaggio, servono più rigassificatori. Non abbiamo una produzione nazionale, abbiamo un terzo dei rigassificatori che ci servono e dobbiamo aumentare la capacità di stoccaggio», dice Descalzi, che ricorda come Eni non possa «fare tutto da sola». In questi anni abbiamo dato per scontato che l'energia fosse sempre disponibile, ma i nostri rigassificatori sono un terzo di quello che dovrebbero essere, e non abbiamo stoccaggi». Insomma, rigassificatore subito: «Dobbiamo averlo al massimo per fine maggio per poter riempire gli stoccaggi, 5 milioni non sono sufficienti ma è almeno qualcosa, dobbiamo anche aumentare gli stoccaggi e in Italia abbiamo la possibilità di farlo. Come Eni porteremo 7 miliardi di gas liquido dal 2023 via nave, ma se non ci sono rigassificatori vanno da un'altra parte. Il sistema deve essere sovrabbondante sia sulla materia prima che sulle infrastrutture, così i prezzi calano immediatamente». Sul price cap ipotizzato in Europa, Descalzi parla di «interessi divergenti, per questo sono costanti nel non decidere. L'Europa come l'Italia non si è mai preoccupata di avere un sistema di sicurezza energetica, perché ce n'era tanta».
Quanto alle possibili reazioni del sistema economico, Confindustria ipotizza due scenari. Il peggiore, quello in cui la Russia bloccasse del tutto l'erogazione di gas e il prezzo dovesse schizzare, prevede una minore crescita annua del Pil dello 0,4% nel 2022 e dell'1,2% nel 2023, cioè -1,5% nel biennio con 294mila occupati in meno. Si avrebbe una carenza di offerta di gas in Italia pari a circa il 7% della domanda. Il centro studi simula anche lo scenario con l'introduzione di un tetto di 100 euro al prezzo del gas: il Pil guadagnerebbe l'1,6% nel biennio e con 308mila occupati in più nello stesso periodo. Secondo Confindustria con l'inflazione così alta le famiglie restano molto prudenti nelle decisioni di spesa e l'extra risparmio «non sarà sufficiente a finanziare le spese anche negli ultimi mesi del 2022 e nel 2023», con un significativo indebolimento dei consumi. «Abbiamo di fronte uno scenario economico complesso, un po' fosco, zavorrante - dice la dg Francesca Mariotti - siamo alle porte dell'insediamento di un nuovo governo che dovrà fare i conti con una vera emergenza nazionale.
Questa è una emergenza nazionale, non riguarda più solo imprese e industria, riguarda tutti», avverte: «Interventi tamponi non saranno sufficienti e neanche più tanto possibili: abbiamo una incertezza di tempi: quanto durerà? Certamente non poco. Una emorragia di risorse pubbliche non possiamo permettercela».
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