Dopo l'intervento di venerdì scorso al vertice EuMed di Atene, Mario Draghi torna nuovamente sulla questione clima. Lo fa collegandosi in videoconferenza alla tavola rotonda Climate moment, che si svolge a New York nell'ambito degli appuntamenti della 76esima Assemblea generale delle Nazioni Unite. Una riunione che rientra in un'agenda piuttosto fitta sul fronte del dossier ambientale, un tema che sarà trattato anche al G20 di Roma del 30 e 31 ottobre e che sarà al centro della conferenza sul clima Cop26 che si terrà a Glasgow a inizio novembre (i lavori preparatori si apriranno a Milano il 28 settembre, con la pre-Cop26 a cui parteciperà anche Sergio Mattarella).
D'altra parte, il problema dei cambiamenti climatici e delle conseguenze sulla produzione e sui costi dell'energia resta un tema centrale dell'agenda internazionale. Non è un mistero, infatti, che il caro-bollette (in Italia si è arrivati fino al 40% in più) sia dovuto anche al cosiddetto Green deal, che a fronte di indiscutibili e decisivi benefici per l'ambiente può comportare un incremento dei costi. La partita, però, nel lungo periodo non può non essere giocata, perché - spiega Draghi - «se continuiamo con le politiche attuali raggiungeremo quasi 3 gradi di riscaldamento globale entro la fine del secolo» e «le conseguenze» di un tale aumento delle temperature «sarebbero catastrofiche».
D'altra parte, è la premessa del premier nel suo intervento, l'Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite ci ha detto tre cose: che la nostra azione dovrebbe essere immediata, rapida e su larga scala. Dunque, «se non agiamo per ridurre le emissioni di gas serra, non saremo in grado di contenere il cambiamento climatico al di sotto di 1,5 gradi». I risultati del ritardo con cui la comunità internazionale sta affrontando il problema, peraltro, è già sotto gli occhi di tutti. «Osserviamo eventi meteorologici estremi che, nelle scorse settimane, sono stati un doloroso promemoria degli effetti dei cambiamenti climatici», spiega Draghi.
Serve, dunque, «un'azione immediata». Perché «questa è un'emergenza di uguale entità alla pandemia» da Covid19. Insomma, anche se molti Paesi hanno deciso di porre al centro dei loro piani di ripresa un modello di crescita più verde e inclusivo, bisogna fare di più. È per questo che l'Italia «sostiene con convinzione il ruolo guida dell'Unione europea nell'affrontare i cambiamenti climatici». «Siamo determinati - dice Draghi - a porre l'Ue sulla giusta traiettoria per ottenere una riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030, e per azzerare le emissioni nette entro il 2050». Anche se oggi l'Unione europea «è responsabile soltanto dell'8% delle emissioni globali». Per questo «dovremmo convincere le persone e i Paesi a livello mondiale che accelerare la transizione energetica ha dei costi, ma genera anche grandi benefici».
La premessa è che ormai tutti gli studi più accreditati mostrano una profonda interconnessione fra produzione di energia, emissioni di gas serra e cambiamenti climatici. Per questo «è necessario agire subito». E l'Italia, dice Draghi, «farà la sua parte». E ancora: «Finanziare la transizione è cruciale e dobbiamo rispettare la promessa di mettere a disposizione 100 miliardi di dollari».
Determinanti in questo senso sono gli investimenti in energia pulita. Fissando azioni a lungo termine, ma anche nel breve periodo come «accelerare la graduale eliminazione del carbone», sia a livello nazionale che internazionale.
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