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Lampedusa assediata Sudanese ucciso in Libia L'Ue: «Chiudere i centri»

In 500 riportati a Tripoli: un fuggitivo morto per gli spari della guardia costiera di Serraj

Lampedusa assediata Sudanese ucciso in Libia L'Ue: «Chiudere i centri»

Uno dopo l'altro barchini e pescherecci raggiungono Lampedusa. Senza sosta. Alcuni vengono individuati in mare dalle forze dell'ordine, altri approdano sulle spiagge, dove i migranti tentano di disperdersi. Non si fa in tempo a svuotare l'hotspot dell'isola trasferendo gli ospiti in altre strutture che arrivano nuovi gruppi. Così nella notte tra giovedì e ieri, quando sono arrivati altri 42 stranieri. Erano su due barche in legno, una con 15 e l'altra con 27 persone, che sono state individuate dalla Guardia di finanza all'imbocco del porto. Dal 1° gennaio al 20 settembre si registrano 6.623 arrivi, con una escalation in questo settembre nero che, se è caratterizzato da particolare instabilità politica in Libia, deve i suoi continui sbarchi anche alla politica dell'accoglienza a tutti i costi del governo giallorosso che probabilmente non fa bene a nessuno se solo si pensa che i criminali che si arricchiscono sulla pelle dei migranti stanno approfittando del momento per organizzare i viaggi, e più natanti in mare significa anche maggiore possibilità di naufragi.

La conta degli arrivi in Italia sarebbe più numerosa se la guardia costiera libica non avesse individuato dei gruppi che tentavano la traversata. Negli ultimi 6 giorni ha riportato indietro 500 persone. In una di queste operazioni è stato ucciso un sudanese. Era stato riportato ad Abusitta (Tripoli) con i 102 compagni di viaggio. Tutti hanno tentato di disperdersi perché temevano di essere rinchiusi nei centri di detenzione. Sono stati esplosi colpi d'arma da fuoco in aria e uno ha centrato l'uomo allo stomaco. Malgrado l'intervento di un medico dell'Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), agenzia collegata alle Nazioni Unite, l'uomo è morto in ospedale due ore dopo. L'Oim ha condannato l'azione e ha chiesto alle autorità libiche di indagare e consegnare i responsabili alla giustizia. «L'uso di proiettili contro civili, uomini, donne e bambini vulnerabili disarmati è inaccettabile in ogni circostanza e genera allarmi sulla sicurezza dei migranti e del personale umanitario» ha detto Leonard Doyle dell'Oim. Fa eco la dichiarazione della portavoce del Servizio esterno Ue, Maja Kocijancic, che aggiunge: «Stiamo lavorando per la chiusura dei centri di detenzione per avere strutture in linea con gli standard internazionali». Sono circa 5mila le persone, sia uomini che donne e bambini, detenute in questi centri. Matteo Orfini punta il dito contro «gli accordi Italia-Libia voluti dal governo Gentiloni» e ritiene che il governo libico non sia un interlocutore affidabile.

Intanto l'attenzione dell'Ue è rivolta ad altri accordi, quelli inerenti all'assegnazione di un porto sicuro ai migranti, all'accoglienza e alla redistribuzione. Il trattato di Dublino va rivisto senza escamotage per far ricadere sull'Italia i maggiori oneri del fenomeno migratorio. Lunedì i ministri dell'Interno di Italia, Francia, Germania, Malta, sotto l'egida della presidenza finlandese, si sono dati appuntamento a Malta, dove i nodi principali che saranno trattati sono il sistema di rotazione dei porti di sbarco e «lo status» dei migranti da ridistribuire tra gli Stati membri.

Le risultanze saranno portate all'attenzione dei capi di stato e di governo europei al summit del 17 e 18 ottobre. L'obiettivo dell'Italia è che siano ridistribuiti tutti gli stranieri e non solo quelli che possono chiedere asilo, come previsto inizialmente dalla proposta del 2015 della Commissione europea.

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