L'appoggio di Fi e Pd. E Letta terrorizza gli eletti grillini aggrappati al seggio

Il segretario dem: "Se ci fossero traumi non saremmo della partita". Gelmini: si prosegue

L'appoggio di Fi e Pd. E Letta terrorizza gli eletti grillini aggrappati al seggio

Draghi si riprende la scena e, con poche frasi soavi quanto taglienti, liquida la nevrastenica farsa politica delle ultime ore. Ributtando con eleganza la palla all'agitato Conte: cerca pretesti per uscire dal governo? Vuole dargli solo l'appoggio esterno? Faccia pure, sapendo (come del resto anche il presidente Mattarella, ha già spiegato mercoledì sera all'ex avvocato del popolo) che un attimo dopo il premier si dimetterà e si aprirà una crisi in piena guerra, tra siccità e crisi energetica.

Il tentativo contiano di costruire un pretesto per sfilarsi, ergendosi a vittima di un surreale complottone di Grillo e Draghi, viene rispedito al mittente: «Aspetto di vedere i miei messaggi a Grillo. Francamente io non li trovo, ma li aspetto, eh». E ce n'è anche per Salvini, che si era buttato a pesce nel varco aperto da Conte dichiarando guerra contro le pdl su ius scholae e cannabis del Pd. Disinnescate dal premier come «proposte di iniziativa parlamentare» su cui «il governo non prende posizione».

Ovvio che ci siano posizioni diverse all'interno di una maggioranza tanto composita, ma questa diversità di vedute «non comporta alcun problema per il governo». Il Pd ha già dato la sua collaborazione allo sminamento, accettando il rinvio della calendarizzazione dei provvedimenti in aula. E anche da Fi arriva un segnale di pace: «Il governo Draghi deve andare avanti con determinazione», dice la ministra Gelmini. «Le polemiche e le bandierine ideologiche vanno lasciate al passato». Mentre da Enrico Letta, che ieri ha parlato in Direzione, arriva un chiaro avviso a Conte: «Noi sosterremo fino alla fine della legislatura questo governo, non un altro. Se ci fossero traumi, discontinuità, cambiamenti, non saremmo più della partita».

Un messaggio esplicito che ha per destinatario i parlamentari grillini, terrorizzati da ogni ipotesi di scioglimento anticipato delle Camere, nonostante la propaganda contiana abbia per tutto il giorno millantato un «pressing crescente» dei gruppi sull'appoggio esterno. Pressing che, dopo la conferenza stampa serale di Draghi, pare essersi inabissato, mentre il ministro 5S Patuanelli si affretta ad assicurare che «il tema dell'appoggio esterno non si è mai posto».

La crisetta estiva ideata tra redazione del Fatto e quartier generale dell'ex premier sembra per il momento disinnescata. Ma le conseguenze promettono di essere di lunga durata: ad esempio, potrà il Pd allearsi alle prossime elezioni con chi - come Conte - passa il suo tempo a minare la stabilità del governo? Impossibile, dice l'ex capogruppo dem al Senato Andrea Marcucci: «Non si possono fare intese con forze ostili al governo Draghi, di cui siamo architrave». E non c'è dubbio che il Pd - come altri partiti - sia spaccato tra chi spera in una sorta di pareggio forzato alle prossime elezioni (anche attraverso la modifica proporzionale della legge elettorale), che produca come inevitabile conseguenza un rinnovato mandato a Mario Draghi, e chi liquida l'ipotesi a priori preferendo la strada di un'opposizione a future maggioranze di centrodestra. Quando il vicesegretario Pd Provenzano dice che non ci saranno «mai più governi di larghe intese» il messaggio è «mai più Draghi». Ma un pezzo ampio del Pd la pensa in modo opposto, raccogliendo anche le forti preoccupazioni europee e internazionali sulla futura instabilità dell'Italia privata di una guida autorevole.

E non solo nel Pd: il ministro Fi Brunetta ieri chiedeva esplicitamente di «superare l'ingannevole bipolarismo bastardo» che produce «ingovernabilità» in un periodo che richiede «senso di responsabilità e di realtà». La soluzione? Andare avanti, anche nella prossima legislatura, con «l'agenda Draghi-Mattarella» sorretta da una larga maggioranza di emergenza. E con Draghi.

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