Faro più intenso sulle multinazionali del cibo dopo l'intervista a Luigi Scordamaglia pubblicata ieri dal Giornale. Il presidente di Filiera Italia - la fondazione sostenuta da Coldiretti il cui scopo è la difesa del cibo italiano - ha infatti dichiarato guerra a Mediterranea, il progetto di Confagricoltura (presidente Massimiliano Giansanti) che vede come azionista al 50% anche Union Food. Quest'ultima rappresenta alcune multinazionali che lavorano in Italia e propongono cibo omologato oltre a inseguire progetti di elaborazione di ingredienti sintetici che potenzialmente possono essere favoriti dal Nutri-Score, un sistema di etichettatura dei cibi per ora applicato su base volontaria che invece bollerebbe come cibo non sano molte eccellenze agro alimentari italiane. A Bruxelles l'Italia ha combattuto duramente (finora con successo) per evitare una sua entrata in vigore nei 27 Paesi dell'Unione, ma la vicenda non è ancora un capitolo chiuso e se ne tornerà a parlare con l'insediamento della nuova Commissione Ue.
A Mediterranea - attraverso Union Food - aderiscono marchi notissimi: uno di questi è la britannica Unilever, che all'interno del suo piano per la transizione climatica ha avviato degli studi per arrivare a produrre latte sintetico da utilizzare in prima battuta per la produzione dei suoi gelati. Un progetto guardato non senza timore dalle aziende agricole produttrici di latte, già ora impegnate in un duro corpo a corpo con le grandi aziende del cibo per spuntare un prezzo del latte che permetta di sostenere i costi di produzione. Su questo fronte il big francese Lactalis - che aderisce a Union Food attraverso la controllata Parmalat - negli scorsi mesi è stata sanzionata attraverso la sua Italatte, dopo la denuncia di Coldiretti, dall'Ispettorato del Ministero dell'Agricoltura con l'accusa di mettere in atto pratiche sleali sul prezzo del latte ai danni delle aziende agricole. Una decisione contro cui la società ha fatto ricorso, ma che è sicuramente indicativa di un certo grado di tensione con gli agricoltori che la riforniscono. A sua volta, il big svizzero Nestlè, che è tra i massimi sostenitori del Nutri-Score in Europa tanto da applicarlo volontariamente in diversi Paesi del Vecchio Continente, è stato indirettamente toccato da un'inchiesta del Guardian. L'indagine era diretta a un gruppo di cinque scienziati che difendono i cosiddetti cibi-ultraprocessati - quindi con un gran numero di ingredienti aggiunti - suggerendo ai consumatori di non preoccuparsi tanto da definirli «buoni come quelli fatti in casa». Il giornale inglese ha denunciato che tre di questi scienziati hanno ricevuto sostegni finanziari oppure occupano posizioni di rilievo in organizzazioni sostenute dai grandi produttori tra cui, appunto, Nestlè, Coca Cola, Unilever e Mondelez. Proprio quest'ultima - tra i big mondiali di snack, merendine e caramelle - sta investendo su una startup israeliana che produce cacao a livello cellulare con l'obiettivo di ridurne il costo e rendere il prodotto più sostenibile.
Infine, tra gli aderenti a Union Food c'è anche Bayer, che in passato ha acquisito Monsanto
dalla quale ha ottenuto un diserbante a base di glifosato. Quest'ultimo è stato ed è tuttora al centro di cause legali per gli effetti cancerogeni, per i quali il gruppo chimico tedesco ha accantonato 16 miliardi di dollari.
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