L'austerity del '73 e il "fattore K"

Ultima settimana di novembre 1973, il governo Rumor prende decisioni severe, la guerra del Kippur ha stravolto l'economia, si parla e si scrive di crisi energetica, in breve austerity.

L'austerity del '73 e il "fattore K"

Una goduria unica. Viaggiare verso lo stadio comunale di Torino senza incontrare nemmeno un'automobile. Eccetto una, la mia, ovviamente Maggiolino Volkswagen, colore verde pisello con parafanghi neri, pagata a rate con i primi soldi di questo mestiere un po' folle. Un «ganassa» autorizzato a circolare con il veicolo, per motivi di lavoro, con tanto di documento spedito via fax dal giornale, un foglio da esibire, sventolare, mostrare a vigili e amici e conoscenti, c'è chi può e chi non può, io può, come diceva Massimino presidente del Catania. Ultima settimana di novembre 1973, il governo Rumor prende decisioni severe, la guerra del Kippur ha stravolto l'economia, si parla e si scrive di crisi energetica, in breve austerity. Cantava Toni Santagata, «...si abbassa la corrente di voltaggio bisogna risparmiare fino a maggio, mia moglie ritornando dalla spesa mi dice non tener la luce accesa...». Chiuso il canale di Suez, le petroliere a circumnavigare l'Africa, i prezzi dei carburanti alle stelle, segue razionamento, divieto di circolazione nei giorni festivi, le strade, non i marciapiedi, si riempiono di pedoni, carrozze, giovani e uomini maturi su monopattini a pedale e pattini a rotelle, biciclette, tricicli. C'era poco da scherzare, chi avesse tentato di fare il furbo avrebbe beccato una multa da 100mila al milione, roba seria. Il famoso prezzo alla pompa di benzina cresce di lire 15, ovviamente a beneficio di raffinerie e importatori, dunque 190 per la normale e 200 per la super ma i distributori restarono chiusi dal mezzogiorno del sabato alla mezzanotte della domenica. Il governo fissò i limiti di velocità, 50 all'ora in città, 120 in autostrada. Aumentò il prezzo del pane di 70 lire, un quintale di farina a 20mila lire, il doppio rispetto alle 11 mila di una settimana prima. Ricordi nitidi, termosifone di casa meno bollente, soltanto caldo al tatto, temperatura massima a 19 gradi, ricorso a coperte, bracieri e, per chi ne fosse in possesso, ai camini. Il prezzo di una copia di quotidiano si portò da 80 a 120 lire, gli sportivi e i generalisti gonfiarono il prezzo a 150 per l'edizione del lunedì. Le prime domeniche di austerity scivolarono allegramente, la gente si sentì liberata e libera di passeggiare senza rischi e pericoli di incidenti. Poi, secondo usi e costumi, subentrò il fastidio, il mormorio di ribellione, le proteste, negati i week end in montagna, cancellate le gite fuori porta con ristorante annesso, gli stessi luoghi di ristoro, così come i cinematografi e i teatri furono costretti ad anticipare la chiusura tra le 22.30 e le 24, i commercianti dovettero tirare giù la saracinesca alle 18.30, spente le sfavillanti insegne al neon, luci meno abbaglianti nei grandi magazzini. Si sentì parlare di energie alternative, mi ero fermato alla candela con moccolo, al massimo alla pila, si vociferò di recessione, roba che non si registrava dal 1929, inflazione e stagnazione entrarono nelle discussioni al bar. Dal boom economico dei favolosi anni Sessanta, si era passati, sul finire di quegli stessi anni, alle stragi terroristiche, ai primi fumi neri delle Brigate Rosse ma nessuno immaginava il crollo, non soltanto dei consumi. Un grande risultato fu quello di bloccare le auto blu, comprese quelle del capo dello Stato e dei ministri vari.

Tra loro resistono Ciriaco De Mita, al tempo al dicastero di Industria, Commercio, Artigianato e Nicola Signorello che era ministro del Turismo e Spettacolo. Dal Kippur a Kiev, il fattore K di Alberto Ronchey, riservato al Kommunizm, si ripete, la storia continua.

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