C'è un aspetto della malattia che resta nell'ombra ma che è fondamentale per il ritorno alla vita normale dei pazienti: la fase post ricovero, quella in cui è necessario seguire una (spesso lunga) riabilitazione. Non solo per riprendere il tono muscolare degli arti, addormentati da settimane a letto in terapia intensiva. Ma anche e soprattutto per «risvegliare» i polmoni. Il paziente, una volta risultato negativo ai tamponi e uscito dall'ospedale, è totalmente debilitato (non solo quando ha più di 70 anni) e la sua salute rischia ancora parecchio.
«In tanti pazienti, anche giovani, che sono stati attaccati a un respiratore o sono stati ventilati con i caschi C-pap - spiega Marta Lazzeri, presidente dell'associazione dei Riabilitatori dell'insufficienza respiratoria - abbiamo riscontrato frequenze cardiache elevate e sbalzi pressori importanti. Sono parametri che vanno assolutamente tenuti sotto controllo per evitare che ci siano complicanze, soprattutto in questa fase in cui sappiamo ancora poco della malattia. La fase post ricovero è molto delicata. Nel caso della Sars, dopo la polmonite l'1% dei pazienti ha residuato segni di fibrosi polmonare. Abbiamo il timore che questa problematica si possa manifestare anche con l'infezione in corso».
Per questo la fisioterapia polmonare non va presa alla leggera. Tanto che l'associazione di settore ha scritto alla Regione Lombardia perchè le strutture sanitarie non sottovalutino questa fase di recupero e perchè, al momento delle dimissioni del paziente, sia presente anche un fisioterapista specializzato per valutare il quadro e impostare il lavoro di recupero.
«Desideriamo segnalare che spesso le strutture sanitarie, pubbliche e private, pur animate da intenti apprezzabili, avanzano proposte terapeutiche che originano anche dall'improvvisazione, dettate dalle esigenze del momento e che risultano carenti del giusto inquadramento - scrivono il presidente del cda dei fisioterapisti lombardi Erica Cioccala e Diego Catania, presidente del coordinamento della Lombardia degli Ordini dei tecnici Sanitari di radiologia e delle professioni sanitarie tecniche e della riabilitazione - Ciò è probabilmente derivato da lacune sulle competenze cliniche sul danno polmonare e neuromotorio collegato all'insufficienza respiratoria in generale e su quella legata all'infezione Covid-19 in particolare. Altre volte le competenze in campo sarebbero in grado di assumersi l'onerosità del carico riabilitativo, ma le decisioni a monte sono diverse da quelle che i riabilitatori si aspetterebbero». Da qui la proposta di collaborare per mettere ordine, togliere di mezzo pericolosi corsi proposti dal web e impostare gli iter di recupero corretti. «Al momento della dimissione - precisano i fisioterapisti - e nella centrale unica regionale Dimissione post ospedaliera sarebbe opportuna la presenza di un fisioterapista che possa offrire il suo contributo nella corretta destinazione riabilitativa che meglio risponde alle esigenze del paziente. Esigenze che possono variare dal problema cardio-polmonare al deficit neuromotorio, sensoriale, cognitivo e viscerale.
Il fisioterapista, per ruolo, storia e competenze, è il professionista sanitario abilitato a predisporre percorsi ad hoc al fine di prevenire le medio-gravi disabilità delle persone colpite da Covid-19 che altrimenti necessiteranno, nei prossimi anni, di cure e terapie con frequenza variabile, ma sicuramente impattante sulla sostenibilità del sistema».
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