Il sempre diretto Volodymyr Zelensky ha parlato, nel suo intervento a distanza con Bali, di G19 anziché di G20. Intendeva dire che la Russia del suo nemico Vladimir Putin, che ha preferito rinunciare a presentarsi di persona in Indonesia perché occupato con ben più urgenti questioni a Mosca (leggi gestione dei crescenti malumori contro di lui ai massimi livelli), pur rappresentata dal ministro degli Esteri Serghei Lavrov era come se non ci fosse. Un ennesimo sfregio all'ego putiniano che (sommandosi al trionfo mediatico della sua visita a sorpresa a Kherson liberata) è stato ripagato con un diluvio di bombe russe sulle principali città ucraine. A Bali, invece, lo stesso concetto dei russi ridotti a paria internazionali è stato espresso con i piedi: poiché nessun leader occidentale aveva voglia di farsi immortalare in compagnia dell'imbarazzante Lavrov, è finita che nessuno di loro si è presentato al palco per la rituale foto di gruppo, che è saltata.
Prima che l'inviato di Putin ripartisse per Mosca, però, si è verificato un fatto solo apparentemente contradditorio. È successo cioè che quegli stessi leader occidentali che avevano scansato Lavrov al momento dei sorrisi per la stampa si sono fermati ad ascoltare il suo intervento. E lo hanno fatto nonostante il capo della diplomazia russa abbia ripetuto le solite grottesche falsità con cui il Cremlino pretende di giustificare la sua aggressione imperialista all'Ucraina: la «operazione speciale» (guai a chiamarla guerra) è condotta contro neonazisti che hanno usurpato il potere a Kiev e lo usano per reprimere i diritti degli innocenti russofoni.
Perché questa condotta apparentemente contradditoria è in realtà illuminante? Perché ci ricorda che alla base del funzionamento delle istituzioni internazionali c'è il rispetto degli stessi valori su cui si fondano le democrazie: su tutti, lo spazio garantito a chi è in disaccordo con te. Laddove le democrazie dominano, questo spazio comune è garantito e con esso l'ascolto da cui discende nei limiti del possibile il dialogo. Laddove invece, come nel nuovo ordine mondiale che Putin vagheggia (o vagheggiava) col cinese Xi Jinping, prevalgono le autocrazie, questo castello di valori crolla.
Basti vedere qual è stato il destino dell'opposizione a Hong Kong, per non parlare di quella russa: leader democratici in galera e finti parlamenti inzeppati di servi pagati per applaudire il Capo.È una differenza fondamentale, ed è il caso di ricordarsela sempre. Perché «noi» e «loro» non siamo uguali, per nostra fortuna.
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