Gli hanno dato del folle, dell'incosciente e del giocatore d'azzardo. Ma nel coup de théâtre di sciogliere l'Assemblée e indire elezioni fra soli venti giorni - con a poca distanza le Olimpiadi di Parigi considerate già ad alto rischio figuraccia - una ratio politicamente vantaggiosa per lui, Macron deve pure averla trovata; perché non si può certo spiegare una simile scelta derubricandola a mera forma di altruismo di un leader, o parlando di pura e semplice presa d'atto di una maxi-disfatta alle elezioni europee.
Nel metodo, è in regola: allora perché parlare di salto nel vuoto dell'Eliseo degno di un «kamikaze»? I politologi francesi hanno passato le ultime ore ad analizzare tutti gli scenari. Quasi fossero dei maghi chiamati a leggere il futuro dopo il terremoto politico post-europee. E proprio come il Doctor Strange della cinematografia Marvel, che analizzava tutti i futuri possibili (in quel caso ben 14.000.605, uno solo dei quali portava gli Avengers a vincere contro il malefico Thanos), anche in questo caso una sola opzione può considerarsi favorevole all'Eliseo per non farsi dettare l'agenda politica da Marine Le Pen accettando un'eventuale coabitazione con Bardella fino al 2027: e cioè che quel fronte repubblicano, ampiamente ammaccato, si ricostituisca, tenga e argini la vague BleuMarine. Un grattacapo, perché i lepenisti si sono piazzati in testa nel 93% dei Comuni; e ora, grazie a lui, sono alle porte del potere.
Il rischio boomerang è altissimo, ma la «dissoluzione» in Francia resta un'arma politica. È tutt'altro che un Sos. È una cesura che può aprire nuovi squarci. Per Macron sarà la cartina al tornasole della sua intera parabola. Meglio un fallo da ultimo uomo o rischiare di subire un gol a porta vuota? Macron è consapevole del rischio, come pure d'aver però 27 giorni per organizzare una «barriera» che regga l'urto del Rassemblement national al secondo turno. Per la sindaca di Parigi la sua scelta è «inquietante». Harakiri o colpo di poker? Ieri il presidente ha elogiato la capacità del «popolo francese di fare la scelta più giusta». Sfidare la sorte resta un azzardo: offre la chance a truppe da lui stesso demonizzate per anni («estremisti, razzisti», unfit) di mostrarsi all'altezza del ruolo di governo sperando che falliscano. E ai partiti rimasti in piedi di lavorare a un'alternativa. Può sembrare un regalo agli avversari, con questi sondaggi e stando anche alle manovre a destra. Ma Macron ha già lasciato intendere che non ostacolerà la rielezione dei deputati uscenti dell'arco repubblicano. Confida nelle trattative. Finora ha potuto contare sul «muro» che ha impedito ai lepenisti di avere la maggioranza parlamentare. Stavolta potrebbe non bastare.
Ieri, incontrando l'ex presidente socialista Hollande di cui fu ministro prima di congelare i rapporti, gli ha stretto a lungo la mano. Intorno, i rispettivi sherpa si scambiavano (di nuovo) i contatti. E oggi parlerà in tv. Per non apparire troppo ferito, già col destino segnato, prima di partire per il G7 in Italia.
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