Salvini in trincea punta sulla Lega del fare. E guarda alle Europee pensando al Ponte

Nell'agenda di governo del ministro, cantieri sbloccati e una politica nazionale: far ripartire l'intero Paese dopo i guasti del superbonus e difenderne l'identità

Salvini in trincea punta sulla Lega del fare. E guarda alle Europee pensando al Ponte
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I simboli anzitutto. La Lega si ritrova sui sassi di piazza del Podestà dove tutto cominciò nel 1984. Le finestre della storica sede del Garibaldino sono spalancate e belle ragazze salutano i militanti che consumano il risotto servito a temperature tropicali. È quasi un rito scaramantico per ritrovare il tocco magico, ma il futuro è un punto interrogativo. Salvini quasi non replica alle picconate di Umberto Bossi che diserta l'appuntamento e sorvola sugli addii, le microscissioni, le incursioni a gamba tesa dei partiti fratelli. Però sale sul palco con Giancarlo Giorgetti, il presunto frondista che tale non è mai stato; il ministro dell'economia se la cava con una frase elegante, quasi letteraria: «Disciplina e gerarchia non diventino mai servilismo». Intanto, le gerarchie, almeno per ora, restano quelle di sempre.

Il leader non polemizza ma la cerimonia mostra che il partito è ancora unito e lui alla regia. Matteo Salvini, Giancarlo Giorgetti, Roberto Calderoli, Giuseppe Valditara. Un poker di ministri tutti insieme e una raffica di cose da fare. La Lega vecchia e nuova è la Lega di governo che non ama le chiacchiere ma porta a casa i risultati.

È questa la rotta che traccia il leader quasi silenzioso e su cui i generali si avviano compatti. Calderoli è a un passo dall'autonomia differenziata, che arriva alla Camera il 29 aprile, versione light del miraggio federalista inseguito dai devoti del Carroccio e pazienza per chi se n'è andato e non c'è più.

I simboli, dunque, ma anche la barra ferma. Il Nord mugugna e si sente trascurato? «Siamo venuti a portare pulizia al Sud», spiega il ministro delle infrastrutture che annuncia con enfasi la candidatura a sindaco di Bari del leghista Fabio Romito.

Il disegno nazionale non va in soffitta e i simboli uniscono il Paese: ci sono i cantieri sbloccati e il Ponte sullo Stretto, argomento di domande e curiosità perfino al G7 dei Trasporti che si è concluso sabato a Palazzo Reale di Milano.

Nessuna correzione, dunque, almeno fino alle Europee. Il capo lancia la volata, annunciando il suo libro, Controvento, in uscita per Piemme. Insomma, quello di Salvini è un viaggio e tutti i viaggi hanno anche una dimensione epica. È la stessa traiettoria seguita da Valditara che dice no alla chiusura delle scuole per il Ramadan. Presto ci sarà una norma che sbarrerà la strada alle festività non riconosciute dallo Stato.

Insomma, la mistica non cambia, ma la Lega cerca di coniugare ideologia e pragmatismo, anche se a tratti appare arroccata e vintage.

L'elenco degli impegni in agenda diventa per i dirigenti la grande risposta alle critiche che piovono dagli ex e da un pezzo di opinione pubblica che ha puntato su Giorgia Meloni o potrebbe rivolgersi alla di nuovo scalpitante Forza Italia. C'è la battaglia contro lo scempio dei conti devastati dal superbonus, guidata da Giorgetti e poi c'è il nuovo capitolo scuole aperte d'estate, scritto dal duo Salvini-Valditara.

Una parte dei sondaggisti ritiene che il segretario, con l'abbraccio mortale ai 5 Stelle, si sia giocato a suo tempo la patente dell'affidabilità, ma lui in questo fazzoletto bollente, a due passi dalla basilica di San Vittore in cui si celebrò il funerale di Roberto Maroni, prova a raccontare il contrario.

In un angolo della piazza un defilato ma per nulla rassegnato Francesco Speroni, il leghista dalle cravatte incredibili che per un quarto di secolo ha fatto la spola fra Senato e Parlamento europeo,

riassume le aspettative: «Speriamo che Salvini riesca a invertire il trend negativo. Una Lega al 9 o 10 per cento metterebbe a tacere gli avversari». Una cifra alta, meglio due. Il futuro si misurerà nei numeri del 9 giugno.

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