«La legge non regola questa ipotesi. Non è vietato e varie sentenze hanno ammesso l'uso di pseudonimi o anche solo del nome se questa possibilità è indicata già sul manifesto dei candidati». Gabriele Maestri, già docente di Diritto dei partiti presso l'università Roma Tre e autore del libro I simboli della discordia, si inserisce così nella polemica relativa all'idea lanciata dalla presidente del Consiglio di farsi votare col solo nome sfruttando la possibilità, ammessa anche dal Viminale, di presentare la propria candidatura con la dicitura Giorgia Meloni detta Giorgia.
È, quindi, tecnicamente possibile?
«Non è vietato e varie sentenze hanno ammesso l'uso di pseudonimi o anche solo del nome se questa possibilità è indicata già sui manifesti dei candidati. In sostanza si può fare, ma con delle accortezze come quella di non inserire altre donne di nome Giorgia in quella stessa lista».
Quali sono i rischi maggiori di questa scelta?
«L'elettore, se non mette la croce sul simbolo di Fdi, deve apporre il nome proprio accanto a quell'emblema perché potrebbe capitare che qualche altra lista inserisca una candidata di nome Giorgia o detta Giorgia: in quel caso il voto non sarebbe più univoco e si rischierebbe l'annullamento. È chiaro che una lista che presentasse una candidata detta Giorgia verrebbe etichettata come disturbatrice, ma non glielo si potrebbe impedire».
Le norme attuali cosa prevedono?
«Le legge non regola questa ipotesi. Di norma si prevede che le preferenze si esprimano col cognome o col nome e cognome in caso di omonimie. Nella pratica, però, con il tempo è capitato che già alla presentazione delle candidature si indicassero anche modi alternativi di scrivere i cognomi, oppure soprannomi e pseudonimi per evitare contestazioni in sede di scrutinio, soprattutto se il cognome era difficile da scrivere. In alcuni casi è stato previsto anche di usare il nome al posto del cognome usando proprio la formula detta'».
Si tratta di un inedito?
«Sì, è la prima volta che riguarda un premier in carica ed è la prima volta che un leader invita gli elettori a votarlo solo col nome. Ribadisco: se non fosse esplicitato prima del voto, il voto con Giorgia sarebbe contestabile. Anche Schlein nel 2014 si candidò alle Europee con la dicitura detta Elly, però non invitò a scrivere Elly».
Il presidente del Consiglio, comunque, è unanimemente riconosciuta anche come Giorgia...
«Sì, non è una novità l'uso del nome. Il suo libro si intitola Io sono Giorgia. Ma non solo. Quando nel 2016 si è candidata a sindaco di Roma, una delle sue liste Con Giorgia Meloni sindaco aveva il nome Giorgia come elemento centrale. Si è sempre identificata col suo nome».
Secondo lei, perché ha optato per questa scelta?
«Non è la semplice candidatura del leader di partito che in questo momento è anche presidente del
Consiglio e dell'Ecr, ma è un modo per farsi sentire vicina dall'elettorato. Meloni così porterà voti che si tradurranno in seggi e avrà il polso della situazione del suo consenso che, presumibilmente, sarà per lei favorevole».
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