La Lega non molla per il post Zaia: si apre il nodo Nord

Il Carroccio lo rivendica, Fdi contrari. L'ipotesi Lombardia per compensare

La Lega non molla per il post Zaia: si apre il nodo Nord
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Sembra di stare a una delle grandi classiche del ciclismo. Lega e Fratelli d'Italia si scrutano, ormai in vista del traguardo, ma nessuno si decide a lanciare la volata. E però il voto di ottobre, salvo improbabili slittamenti, è vicino, sempre più incombente, e una decisione andrà presa. Chi guiderà il Veneto ormai orfano del suo storico governatore? Il dopo Zaia di fatto è cominciato con la sentenza della Consulta che ha azzerato le residue speranze del Presidente. Dunque, tocca scegliere un successore, ma chi?

Domande che si impigliano nella dimensione locale e si aggrovigliano a Roma dove prima o poi verrà convocato un tavolo dei leader per dirimere la querelle. Il capogruppo della Lega alla Camera Riccardo Molinari l'ha detto senza tanti giri di parole: «Per noi resta la questione politica. Il Veneto deve rimanere alla Lega». Anzi, alla Liga Veneta, come dicono da quelle parti.

Giusto. Sacrosanto. E però anche i numeri hanno un peso: «Abbiamo percentuali alte ovunque e in Veneto alle Europee abbiamo ottenuto uno strepitoso 37,5 per cento - ribatte il senatore di FdI Luca De Carlo, uno dei nomi gettonati per il totogovernatore - ma non guidiamo nemmeno una regione al Nord».

Uno squilibrio che in qualche modo dovrebbe essere superato. Ma non è facile in una terra in cui la Lega ha 161 sindaci più 275 sezioni e che è un po' il fonte battesimale dell'autonomismo. Consegnare lo scettro a un altro partito, pure in coalizione, sarebbe per molti una profanazione. «Fatti i debiti paragoni - spiega Mario Conte, popolare sindaco di Treviso e uno dei potenziali candidati - è come se la Chiesa dovesse lasciare il Vaticano».

E però fra Roma e Venezia circola un'ipotesi di compromesso: i salviniani terrebbero la Regione, in cambio cederebbe ai meloniani la Lombardia, quando Attilio Fontana arriverà ai titoli di coda. Scenario suggestivo che però ha il torto di mettere insieme due consultazioni che si terranno, se tutto andrà come deve, a distanza di due anni e mezzo una dall'altra: fra sei mesi in Veneto. E fra tre anni in Lombardia. Attilio Fontana concluderà il suo mandato a marzo 2028, proiettandosi addirittura oltre il termine della legislatura.

Ha senso mettere insieme l'ultimo chilometro del Veneto e le molte tappe che mancano alla fine del Giro di Lombardia? Si torna al punto di partenza. Fra dubbi e attese. «Io credo - spiega De Carlo - che è ragionevole immaginare un summit dei leader nel mese di maggio». Come finirà?

Alberto Stefani, astro nascente della Lega di cui è vicesegretario nazionale, si limita a tessere l'elogio di Zaia, «il governatore più amato e votato d'Italia», messo fuori gioco da «vincoli assurdi». Però come tutti i leghisti invoca continuità. Per affrontare i temi sul tappeto: il rilancio della piccola e media impresa, la sanità, in crisi o in difficoltà ovunque e pure fra Verona e Venezia, le infrastrutture sempre insufficienti. Qualche militante mostra anche un sondaggio in cui la Lega, in solitudine, potrebbe sbaragliare, con l'aiuto delle liste civiche e di una lista del Presidente, la concorrenza, anche a destra. Vincere a Venezia per rompere a Roma. Sarebbero i fuochi d'artificio, prima del disastro.

Inimmaginabile. E allora torna un'altra suggestione: chiudere la partita catapultando Zaia verso la poltrona di sindaco di Venezia. Non è detto che l'interessato sia così felice di correre questa gara, ma la scadenza è a portata di mano: primavera 2026.

Dipende da come si guarda il rompicapo della Laguna: le problematiche della terraferma o lo scintillio del Canal Grande. La prosa di Mestre, la poesia di Venezia, in un pacco unico. C'è ancora qualche settimana, poi qualcuno dovrà scattare verso l'arrivo.

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