Maurizio Del Conte, professore di diritto del lavoro alla Bocconi, si va verso l'estensione del «super green pass».
«È chiaro che significa andare nella direzione di un sostanziale obbligo vaccinale, ma in un quadro giuridico invariato: il lavoratore che non intende vaccinarsi resta a casa ma senza che ciò sia sanzionabile. È una sorta di congelamento del posto di lavoro».
Lei è un giuslavorista. È una misura legittima?
«Sì, in relazione allo stato d'emergenza. Io non vedo problemi di ordine costituzionale. Ma vedo problemi per le imprese. Sono circa 4 milioni i lavoratori senza vaccinazione, finora facevano il tampone, ora il tema è come sostituirli, in una fase in cui l'economia tira».
Cosa suggerisce?
«Deroghe per contratti a termine e di somministrazione. In particolare, una causale Covid che consenta di chiamare anche chi ha fatto già due anni o uno presso un datore di lavoro. C'è poi un altro tema da tenere presente».
Di che si tratta?
«L'Inail ha subito ha riconosciuto il Covid come malattia professionale se contratta in occasione del rapporto di lavoro, ma il fatto che paghi non esclude che il lavoratore possa rivalersi anche sul datore di lavoro se ha riportato danni ulteriori. Questa responsabilità è in parte mitigata da smart working e protocolli, ma ci sono decine di migliaia di pratiche aperte all'Inail».
Cosa fare?
«Una copertura più ampia, ma stando attenti a non coprire il datore di lavoro meno scrupoloso».
Tornando al Pass, si può introdurre solo per alcuni?
«Già è così. Certo finché si tratta di servizi alla persona o sanitari è un conto, ma se si vuole allargare molto la platea si deve ricorrere a criteri arbitrari. Più si fanno eccezioni più tutto è complicato».
Tutti o nessuno, insomma?
«Sì. Io sarei anche per l'obbligo, non vedo problemi giuridici ma pratici, essendo difficilissimo renderlo effettivo. La differenza resta, comunque. Col pass, chi vuole ha diritto di non lavorare, senza la paga. Con l'obbligo no, ma a quel punto avrebbe diritto a stare a casa, e pagato, finché non riceve una vaccinazione per la quale si dichiara pronto ma che non potrà certo essere immediata».
Risarcimento. Esiste il tema?
«No, è routine. Vale anche per una colonscopia. Ci dev'essere colpa grave, danno ingiusto. E in questo caso si potrebbe ravvisare solo nel caso in cui emergesse un problema, un'allergia, un danno che poteva essere riscontrato con una normale anamnesi accurata».
L'ordinamento tiene in tutta questa emergenza?
«Tutte le eccezioni si giustificano sul presupposto dello stato d'emergenza, che dura da 2 anni ma è comunque legato a un elemento di transitorietà. Se scoprissimo che dobbiamo conviverci ancora, non possiamo immaginare di stare 10 anni così. Non è solo un problema italiano, anche altri forzano i limiti dell'ordinamento.
Dobbiamo capire fino a che punto arrivare e dipenderà dalla patogenicità delle varianti. Se la prossima lo sarà ancora meno potremmo continuare? C'è una linea oltre la quale non si può andare. Detto questo, non mi si venga a dire che ora c'è un problema di legittimità».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.