Chi ama passeggiare per le vie delle città italiane, avrà certamente notato la crescita delle vetrine spente. Le dimensioni del fenomeno le ha tratteggiate uno studio di Confcommercio, che dopo aver analizzato 120 città medio-grandi è arrivata a stimare la sparizione di quasi 100mila negozi dal 2012 fino a oggi. Si va dunque verso un rischio di «desertificazione commerciale», è l'allarme dell'associazione delle imprese, con una densità di negozi passata negli anni da 9 a 7,3 per mille abitanti (un calo di quasi il 20%). Nello stesso periodo, è aumentata la presenza straniera nel commercio, con 44 mila imprese in più e 107 mila addetti aggiuntivi. Si restringono contestualmente attività guidate da italiani (-138mila) e anche i connazionali occupati (-148mila).
«La desertificazione commerciale» significa «meno servizi, vivibilità e sicurezza», è il commento del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli. Per questo «occorre accelerare la riqualificazione urbana con un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del Pnrr e il coinvolgimento delle parti sociali».
Il business del negozio fisico negli ultimi anni ha dovuto affrontare sfide esistenziali. In primis, l'avvento di Amazon e simili, che poco più di una decina di anni fa non erano certo utilizzati come oggi, ma ora sono un competitor temibile. Non a caso, nei centri storici, soffrono i beni che spesso si trovano su internet a prezzi più vantaggiosi: libri e giocattoli (-31,5%), mobili e ferramenta (-30,5%), abbigliamento (-21,8%). Secondo Confcommercio, il canale delle vendite online ha avuto una crescita molto marcata negli ultimi anni, con un giro d'affari passato dai 16,6 miliardi nel 2015 ai 48,1 miliardi del 2022. E l'avvento della pandemia non ha fatto che accelerare questo fenomeno. Le uniche attività a muoversi in controtendenza sono quelle di «servizi e tecnologia»: farmacie (+12,6%), computer e telefonia (+10,8%). Gli incrementi più consistenti si registrano nelle attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%), con una crescita di alberghi, bar e ristoranti di 10.275 strutture. Numeri che comunque non compensano quelli delle chiusure.
Per chi è rimasto rimane un valore
l'omnicanalità, oltre a puntare «su efficienza e produttività attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell'offerta», spiega Confcommercio. A maggior ragione oggi, con prezzi energetici e inflazione alle stelle.
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