Altro che "confronto": Letta, Conte e Speranza uniti solo dal veto al Cav

Reazione all'unisono del "campo largo" dopo il summit a casa di Conte. Ma la verità non racconta "compattezza", bensì soltanto divisioni e veti

Altro che "confronto": Letta, Conte e Speranza uniti solo dal veto al Cav

Enrico Letta, Giuseppe Conte e Roberto Speranza, i tre leader del "campo largo" del centrosinistra, sono uniti soltanto dai "no", in specie nei confronti del dialogo con il centrodestra. Un elemento evidente anche quando provano a dimostrare il contrario.

Reduci da un incontro presso l'abitazione romana del leader grillino, i tre si sono lasciati andare a dichiarazioni aperturiste sul futuro del Quirinale ma, in realtà, il trait d'union del terzetto è costituito soltanto dai veti.

La reazione dopo il summit sembra un coro all'unisono: i post su Facebook appaiono tanto simili da sembrare, come con ogni probabilità, sono concordati. "Aperti al confronto. Nessuno può vantare un diritto di prelazione. Tutti abbiamo il dovere della responsabilità", ha scritto l'intero terzetto via social network. Sino a questo momento, in realtà, il centrosinistra ha soprattutto provato a negare la realtà numerica, dribblando il discorso rispetto all'esistenza in Parlamento di una maggioranza relativa per il giro di boa del Colle. Maggioranza relativa che può essere espressa dal centrodestra.

Il segretario Dem Letta, il capo grillino Conte ed il ministro della Salute, oltre che vertice politico di Artico Uno, Speranza, a dire il vero, hanno dichiarato proprio lo stesso: "Ottimo incontro. Lavoreremo insieme per dare al Paese una o un Presidente autorevole in cui tutti possano riconoscersi. Aperti al confronto. Nessuno può vantare un diritto di prelazione. Tutti abbiamo il dovere della responsabilità", hanno fatto presente. Una fotocopia, con qualche leggerissima differenza lessicale, magari per poter sottolineare quanto il centrosinistra sia compatto.

Il progredire degli eventi legati alla corsa per la successione del presidente Sergio Mattarella, sino a questo momento, ha raccontato tutta un'altra storia. Giuseppe Conte avrebbe preferito la candidatura di una donna ma il suo partito è orientato sul Mattarella bis. Come ha spiegato Adalberto Signore sul Giornale, i grillini si "muoveranno in ordine sparso". Enrico Letta, che sogna la premiership, vorrebbe il trasloco di Mario Draghi al Colle ma deve fare i conti con le resistenze interne al partito che guida: Base riformista, che esprime la maggior parte dei deputati e che ha una provenienza per larga parte renziana, teme il voto. Il ministro Roberto Speranza, infine, deve badare alla sua sinistra, dove Massimo D'Alema, che vorrebbe rientrare nel Pd, è un fiero oppositore dell'ipotesi Draghi, preferendo una donna o comunque una candidatura di bandiera. L'unità d'intenti, insomma, è solo mediatica.

Dopo il vertice è emerso anche come il MoVimento 5 Stelle abbia insistito affinché il presidente del Consiglio in carica non si muova da Palazzo Chigi. Il che, rispetto alla linea che invece Enrico Letta sembrerebbe intenzionato ad imporre, costituisce un discreto distinguo. La divisione è lapalissiana.

Ma, nel contempo, è anche fuoriuscito come i tre leader non abbiano parlato di nomi.

Il "campo largo", con boutade come questa dei post tutti uguali, ventila la narrativa della compattezza. Poi c'è la realtà dei fatti che racconta una coalizione inesistente o sfilacciata pure sul Quirinale.

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