«Sarebbe davvero un segnale importante se potesse vincere Enrico Letta e non Giorgia Meloni che, come partito post fascista, porterebbe l'Italia in una direzione sbagliata», dice il presidente della Spd Lars Klingbeil, a Berlino, seduto a fianco del leader Pd in conferenza stampa.
Nell'ultimo miglio di campagna elettorale il gioco si fa duro e i protagonisti ricorrono all'artiglieria pesante. Così Letta vola a Berlino per parlare di price cap sul gas e incassare la benedizione del partito alleato e (indirettamente) dello stesso Cancelliere tedesco Scholz. Che non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali ma ha concesso al leader italiano un incontro a quattr'occhi, che serve a segnalare su chi punti, in un momento cruciale, uno dei governi chiave della Ue. «Dopo questa visita a Berlino sono molto ottimista», assicura Letta, che sui social fa circolare la foto che lo ritrae assorto nel dialogo con Scholz e «al lavoro per arrivare a soluzioni comuni europee contro il caro-bollette e la crisi energetica». Il messaggio subliminale è chiaro: il segretario Pd, si vuol far capire agli elettori, si muove da potenziale capo di governo ed è in grado di trattare da pari a pari con i più importanti capi di governo.
La collocazione internazionale dell'Italia e il rapporto con l'Unione europea sono inevitabilmente finiti al centro della discussione, e su questo fronte il Pd ha i suoi rapporti e le sue carte da giocare, e ha buon gioco a segnalare la diffidenza e i timori di molti attori Ue rispetto alla destra sovranista e alla sua affidabilità come interlocutore. «C'è molto in gioco nelle elezioni italiane. Non si tratta solo di decidere chi guiderà l'Italia, ma anche di stabilire il corso dell'Europa, e l'Italia sta meglio con Letta che con populisti e neo-fascisti», avverte Klingbeil, ricordando che, davanti alla crisi energetica e alla guerra russa, come durante la pandemia, «siamo tutti sulla stessa barca», e dunque quel che accade nei singoli paesi è importante.
«Il futuro dell'Italia - dice Letta - è al centro dell'Europa, a Bruxelles con Germania, Francia, Spagna. Questo è il naturale ruolo dell'Italia», mentre con il centrodestra il rischio è «andare verso l'Ungheria di Orban», e «far felice Putin anziché la democrazia».
In casa Fdi però l'«interferenza» (in verità piuttosto scontata, visto che i due partiti fanno parte della stessa famiglia europea) della
Spd a Letta va per traverso. Se ne lagna, per conto di Meloni, l'ex diplomatico Giulio Terzi, secondo il quale la sinistra in generale e la Spd in particolare non hanno «alcun rispetto della libertà di voto degli italiani».
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